domenica 14 gennaio 2018

Vieni a Holt, Colorado.

Kent Haruf non è stato uno scrittore prolifico. Appena sei romanzi, uno pubblicato postumo.
Raggiunge la notorietà tardi, a quasi sessanta anni, con i romanzi del Ciclo della Pianura: Plainsong (Il canto della pianura), Eventide (Crepuscolo) e Benediction (Benedizione).
In Italia sono pure riusciti a pubblicarli in ordine sparso, quindi un po' ci si litiga, con la cronologia dei racconti, tutti ambientati nell'immaginaria cittadina di Holt, Colorado.
Il canto della pianura ci racconta un breve tratto di vita di alcuni abitanti di questa cittadina americana che poi tanto cittadina non deve essere. Ha l'ospedale, le scuole, la squadra di pallacanestro, negozi e locali. Ma non deve essere neppure così grande, perchè tutti sanno tutto di tutti, e nessuno si fa gli affari suoi.
Il racconto è semplice. Seguiamo per qualche mese la vita di Tom Guthrie e dei suoi giovanissimi figli, Ike e Bobby, dei Fratelli McPheron e di Victoria, diciasettenne che si ritrova incinta e sola. Non succede nulla di eclatante, in Plainsong, solo lo scorrere della vita, con le sue stagioni, i suoi ritmi, le (rare) gioie, i dolori. Il lavoro duro dei campi, gente retta che cerca di vivere con coerenza e onestà, molte solitudini che - timidamente - cercano di aprirsi agli altri.
Su tutto lo stile di Haruf che ci racconta gesti da nulla, ma è un nulla che nasconde dietro una patina di rassegnazione e malinconia sentimenti immensi e profondi, e una profonda pietà per questa sparsa umanità che cerca, comunque, di vivere.

Il libro ha generato una lunga e a tratti emozionante discussione. Non siamo state concordi nemmeno stavolta, ovviamente, ma raramente un racconto ci ha colpito tanto. E' un'America, questa, che non comprendiamo appieno, in cui una ragazzina incinta può venire abbandonata dalla madre, e con la stessa naturalezza accolta da una coppia di fratelli avanti nell'età. Un'America in cui ragazzini di nove e dieci anni sono lasciati in casa da soli molte ore, e possono girare, senza supervisione, per chilometri tra i campi, o uscire la notte, senza che adulto se ne accorda. Un'America senza tempo, e senza luogo, distante anni luce da quella che imperversa nelle nostre televisioni. Un libro che comunque consigliamo: leggete la trilogia, e anche Le nostre anime di notte, se potete. Fatevi un giro per Holt, Colorado. Probabilmente vi accompagnerà, con i suoi abitanti, per molto tempo.

Ho trovato ben tre recensioni, per ora:
Daniela, 3 stelle:

Un libro bucolico che mentre lo leggi ti mette in pace con te stesso, ti tranquillizza. Credo che abbia avuto tanto successo perché in fondo tutti vorremmo vivere in un posto dove ci si aiuta, dove possiamo lasciare le chiavi di casa sulla porta, dove i bambini vengono educati al rispetto ed all'autonomia, dove sporadici sono i “cattivi”. Che vengono dalla città (vedi il ragazzo di Victoria), o che vanno a vivere nella città (vedi la moglie di Guthrie), perché la città è cattiva e la campagna è buona.

Eppure... eppure...pur nella delicata e tranquilla scrittura questo libro non raggiunge il livello di “Le nostre anime di notte” nel quale in poche pagine escono tutti i sentimenti e le problematiche dei personaggi. Qui è più un descrivere la calma, laboriosa e placida vita della piccola città. Con poche scosse e anche minuscole di cosistenza. A volte inutilmente prolisso in alcune descrizioni del paesaggio o delle attività dei protagonisti.
Mi ha fatto tornare in mente i libri di Steinbeck e di Caldwell, ma con un minore impatto, forse anche frutto di anni sociali alquanto lontani, perchè mentre qui si inneggia al buonismo ovunque, là si denunciava la miseria e la durezza della vita di campagna.
Anche i nomi di alcuni personaggi secondo me sono “rubati” ai “grandi” degli anni '50: Guthrie, come Woody Guthrie, folksinger a cui anche Bob Dylan si è ispirato per le sue prime ballate, e autore di una autobiografia da cui fu tratto un bellissimo film “Questa terra è la mia terra”;  Victoria, come Vickie, personaggio di uno dei più bei libri di Calwell (Questa nostra terra).

Bella, bellissima, la prima vera conversazione tra i fratelli McPheron e Victoria, sulle questioni di mercato e i costi del grano, ecc.
Tre stelle per me. 

Monica, 4 stelle
Letto tutto d'un fiato. Storie di vita ambientate nello sconfinato mondo agricolo americano. Si potrebbe pensare a storie già lette e rilette, ma questo libro scritto in uno stile sintetico, ma allo stesso tempo preciso ed emozionante, mi ha coinvolto moltissimo. Consigliatissimo.

Cristina, 4 stelle
Pochi mesi a Holt, Colorado. Haruf ci racconta le vite dei fratelli McPheron, di Tom Guthrie e dei figli, di Victoria e di pochi altri. Sono sprazzi di vita, gesti contenuti, sentimenti mai espressi. Eppure arrivano al cuore. Molto bello e intenso, ma anche molto triste. I personaggi sono volontariamente sottotono, ma nella loro apparente rassegnazione si nasconde un modo di desideri, dolori, amore, amicizia e generosità, quella che ti fa aprire la porta di casa a una ragazzina, e a darle rifugio, quella che ti fa aprire il cuore, anche se sai che puoi soffrire. Bello. 

Ci si rivede martedì 6 febbraio, con Di buona famiglia di Isabella Bossi Fedrigotti, scelto da Rita.