Bellissimo Accabadora, davvero un bellissimo romanzo che io mi sento di consigliare a tutti.
La storia è raccontata con stile ed eleganza, i personaggi sono delineati con poche pennellate efficacissime e l'argomento centrale del romanzo, ossia l'eutanasia, per quanto assai difficile e controverso, è affrontato con sensibilità e delicatezza.
Brava Michela Murgia a raccontare una storia quasi senza tempo o sospesa nel tempo.
Ci racconta una Sardegna antica eppure vicina, dove la superstizione e la magia sono ancora presenti e vive, dove la presenza dell'Accabadora incute rispetto e timore allo stesso tempo. L'ultima madre, quella che con un gesto di estrema pietà, ti accompagna dall'altra parte, l'ultima di una lunga serie di madri e di padri che ti accompagnano per tutta la vita!
La brevità del romanzo può essere considerata sia un pregio che un difetto: pregio perchè ne ha certamente esaltato la scorrevolezza, difetto in quanto certe parti, certi rapporti, meritavano sicuramente un approfondimento, come il periodo torinese di Maria. Ho l'impressione che sia un po' buttato li, senza spiegare bene e senza approfondire niente. Un intervallo, un siparietto che nulla da e nulla toglie!
Presenti alla serata, questa volta senza collegamento da Berlino, erano: Cristina, Stefania, Daniela, Marilaura, Rita, Io (Francesca) e per la prima volta Monica.
BENVENUTA MONICAAAAA!!!!
E come sempre vi riporto alcuni commenti lasciati su Anobii.
Cominciamo con il commento di Maria Grazia (OMbraluce):
Nelle comunità vere la venuta al mondo, la vita intera e la morte non
sono eventi privati, ma manifestazioni della comunità stessa. La natura
intrinseca di queste società è l'essere matriarcali, perché, a dispetto
dell'apparente potere degli uomini, sono le donne la vera guida, le
madri che accolgono la vita nascente e hanno dentro di sè la forza e la
pietà di terminare una vita ormai finita, eppure sospesa per una
dimenticanza della morte.
Prima lettura 22.10.2010 (4 stelle)
E adesso il commento di Cristina:
Lo stile di scrittura mi è piaciuto molto. Così come la definizione dei
personaggi, efficace e affettuosa. Adoro quando l'autore riesce con
poche pennellate a ricreare una vita e in questo romanzo breve, anzi
brevissimo, la Murgia ci riesce e bene.
Su tutti ho amato Bonaria
Urrai, l'Accabadora, una figura straordinaria di donna consapevole della
sua storia e delle sue radici, responsabile e padrona, pure
dolorosamente, della propria vita, del proprio ruolo e delle proprie
scelte: se la letteratura italiana avesse più protagoniste così sarei
una lettrice molto ma molto più felice.
La brevità del racconto
consente allo stile (incisivo soprattutto all'inizio, poi un poco si
perde) di rimanere piacevole fino alla fine. Certo, la stessa brevità
non consente di approfondire alcuni aspetti che se affrontati (e
affrontati bene) avrebbero reso questo piccolo libro un capolavoro. Ma
forse l'autrice non voleva, o non è stata in grado, di portare il
racconto alla sua logica conclusione lasciando al lettore il compito di
rimuginare sulle scelte etiche che a Maria, la protagonista, vengono
alla fine evitate, per un respiro.
Fosse rimasta in Sardegna la
storia sarebbe stata straordinaria, ma ecco il passo falso, la fuga a
Torino, la banalità totale degli avvenimenti sul continente, che
abbassano il livello del libro a romanzo d'appendice, a storia da Grand
Hotel e pure peggio, perchè se Maria si fosse innamorata del padrone di
casa la banalità della storia sarebbe stata quasi perdonabile perchè di
storie così è stata piena l'Italia delle tate e cameriere emigranti:
banale ma vera. No, Maria intreccia una relazione sentimentale con il
figlio - sedicenne - dei padroni di casa. E la Murgia, che mi sa che di
rosa ne ha letti pure lei - a questo ragazzo non dà solo ormoni
impazziti no, lo fornisce di tragico trauma infantile, banalizzando un
tema come quello della pedofilia e della violenza sui bambini e
riducendolo a mero mezzo narrativo, e neppure affrontato bene.
Per
tirare fuori Maria da una situazione difficile ecco la notizia che Tzia
Bonaria, l'accabadora, ha avuto un ictus e che per Maria è ora di
tornare a casa, a pagare il proprio debito con la madre adottiva.
E
finalmente la consapevolezza che davvero "Non dire mai: di quest'acqua
io non ne bevo" perchè nella tinozza ti ci potresti trovare ad annegare.
La fine è proprio quella che ti aspetti, di nuovo un poco banale, un poco Grand Hotel, ma almeno il cerchio si chiude. (3 stelle)
E come di consueto vi segnalo il libro scelto per il prossimo incontro:
LA CITTA' DEI LADRI di David Benioff.
Il libro è stato scelto da Cristina, la berlinese, nome anobiiano Gonza!
Ci incontriamo sempre alla Trattoria al Torre (ma forse anche no!!!) MARTEDì 17 GIUGNO.
A tutti voi l'augurio di un mese pieno di bellissime e interessantissime letture.
Francesca
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