Per ironia della sorte è in una
serata umida e piovosa che ci incontriamo per parlare di Creatura di Sabbia di
Tahar Ben Jelloun.
Anche questa volta siamo ospiti
di Daniela che non solo ci accoglie ma ci ha anche preparato una sostanziosa
pasta fredda. Ognuna di noi ha portato qualcosa d’altro da mangiare e il
risultato è stato un banchetto rustico ma sontuoso, le cui vestigia ci siamo
anche potute portare a casa. Si può dire molto delle nostre riunioni, ma non che
si svolgano di fronte a un desco sguarnito.
Assenti giustificate Rita e
Francesca, per sopraggiunti impegni. Anche questa volta non è stato possibile
collegarsi con Berlino e parlare con Maria Grazia che comunque il libro lo
aveva già letto.
Presenti, quindi: Daniela,
Stefania, Marilaura, Monica e la sottoscritta, Cristina.
Rispetto al mese scorso c’è stato
un notevole miglioramento. Saranno state le poche pagine (sono circa 160), ma
almeno il libro lo abbiamo letto. Peccato non sia piaciuto a nessuna. Nemmeno a
Monica e Marilaura che lo avevano letto anni fa. Come Maria Grazia ne
conservavano un bel ricordo: la rilettura è stata invece difficile e faticosa.
Onirico, verboso, prolisso,
pesante, noioso, ecco i termini che ricorrevano ieri sera per descrivere il
racconto della vita della protagonista di Creatura di Sabbia, nata femmina e
cresciuta come maschio per volontà del padre che vuole così disperatamente un
erede da cercare di forzare la natura. Il libro narra prima in forma fiabesca,
poi deragliando completamente, la vita emarginata e sacrificata di Ahmed,
dall’accettazione della volontà paterna, alla ribellione anche violenta a un
destino che la forza in panni non suoi.
Se l’autore avesse mantenuto il
rigore dei primi capitoli, pure se scritti con stile onirico e, sinceramente,
pesantuccio, il libro sarebbe stato forse non un capolavoro ma comunque una
piacevole lettura. Tahar Ben Jelloun invece a un certo punto piglia la tangente
e il racconto diventa confuso, privo di logica, anche un filino allucinante e
allucinato prima di risollevarsi leggermente nel finale.
Il risultato sono le seguenti
recensioni sparpagliate qua e là tra Anobii e Goodreads:
Non so se
forse l'estate non fosse il periodo adatto per leggere un libro così
circonvoluto, dove la storia si confonde con i narratori che a loro volta
cambiano la storia, ma non mi ha preso per niente, nonostante la trama fosse
affascinante per quanto già vista, per esempio in chiave ebraica con Yentl.
Resta il rumore di alcune culture che coprono le donne di proibizioni assurde e dalle quali non ci siamo ancora liberati, noi per primi come popolo con veramente poco di mussulmano.
Resta il rumore di alcune culture che coprono le donne di proibizioni assurde e dalle quali non ci siamo ancora liberati, noi per primi come popolo con veramente poco di mussulmano.
Nel Marocco degli anni 40 del
secolo scorso nasce una bimba dopo 7 sorelle. Il padre decide che deve essere
per forza un maschio, perché altrimenti nessuno potrà ereditare i suoi beni,
che andranno ai fratelli: la giovane moglie e le altre figlie moriranno
nell'indigenza. Così la bimba viene educata come un maschio e l'imbroglio
durerà per tutta la sua vita (o quasi). All'inizio il libro è un po' pesante,
non troppo originale, poco credibile - la bimba va ai bagni pubblici prima con
la madre poi col padre, viene perfino circoncisa, diventa grande e ha le
mestruazioni e nessuno, neanche le sorelle, si accorge di nulla. Regna forse
l'ipocrisia, l'incapacità di vedere quello che non deve essere visto... il re è
nudo e nessuno sembra accorgersene. Poi muore il padre, lei si sposa una cugina
e la finzione va avanti, ma con sempre maggiore fatica per la ragazza ad adattarsi
al suo ruolo. Fin qui il tutto viene raccontato da un cantastorie che legge
anche parti del diario della ragazza e di sue lettere. Da qui in poi la storia
diventa sempre meno credibile, nebulosa, auto-contraddicente. Muore o sparisce
il cantastorie e vari personaggi raccontano secondo loro come è finita la
storia. I finali si contraddicono, contraddicono le premesse, non si capisce
più nulla. Muore l'eroina, no non muore è una dei personaggi narranti, ma ì
invece muore è una sorella che disperata per la figuraccia che hanno fatto
quando si è scoperto che il suo cadavere era di una donna che porta il diario,
va a lavorare in un circo, no in un circo non ci va, il cantastorie stesso che
era morto torna a raccontare un pezzo, oppure un vecchio cieco che stava
dall'altra parte del mondo a cui la protagonista ha raccontato un pezzo di
storia però ha anche cercato di ammazzarlo... forse.... o non l'aveva
violentata e ammazzata il proprietario del circo che aveva un complesso edipico
per sua madre? Insomma un pastrocchio incredibile! Le ultime 12 pagine del
libro (versione Einaudi) sono quelle scritte meglio, ma non le ha scritte Ben
Jelloun, ma una serie di critici che si arrampicano su tutti gli specchi
possibili per dimostrare che si tratta di un libro bellissimo... sarà!
Sarà un mio limite, lo
ammetto, ma non riesco ad apprezzare questo genere di romanzo, mi affatica e
non mi coinvolge. Quando non riesco a capire dove comincia la prosa e finisce
la poesia, dove è sogno e dove è racconto, allora la lettura diventa tediosa.
L'unico pregio di questo libro, che non mi ha insegnato ne lasciato niente, è
che ha solo 160 pagine.
Ammetto senza problemi che mi
mancano buona parte dei riferimenti culturali di cui dispone invece l'autore
(intendendosi con cultura sia l'ambiente sociale in cui l'autore è cresciuto
che i tanti, tantissimi rimandi a autori, libri, poesie di cui so poco se non
nulla) e che quindi la mia lettura è - per forza di cose - sbilenca, guercia,
miope, ma che palle!
I primi capitoli (che a mio
parere rimandano direttamente a Le mille e una notte) sono belli. Onirici,
certo, ma hanno una logica narrativa che affascina. La vita negata del/della
protagonista, costruita su menzogne e inganni, ma che la natura vincola con le
sue regole imprescindibili (le mestruazioni, il seno, i desideri e i sogni di
Ahmed), mi interessavano. L'iniziale accettazione del destino imposto dal
padre, e il seguente rabbioso rifiuto dei limiti, della castrazione che la
condizione di maschio, apparentemente più fortunata e promettente, invece
comporta era, a mio parere, ben costruita e raccontata.
Il percorso per ritornare
femmina, invece, deraglia completamente in una serie di racconti senza capo ne
coda, con continui cambi di punti di vista, l'alternarsi di narratori (alcuni
inutilmente grevi e volgari, altri insopportabilmente poetici e colti) in cui
di trama non c'è ombra nemmeno a cercarla con il lanternino. Si salvano gli
ultimi capitoletti, nei quali si torna a a una narrazione lineare che richiama
l'inizio del racconto.
La mia opinione è che l'autore
non sapesse proprio cosa cavolo scrivere, e allora ci ha ficcato dentro di
tutto, incluse le sue molte ossessioni sessuali (alcune fastidiose e inutili),
e ha ricoperto il tutto con una prosa bella, onirica, potente, e mortalmente
noiosa, che tuttavia non serve a salvare il racconto.
Sa scrivere? Certo. Sa cosa
scrivere? Mah, forse. E che il libro sia una cosa spuria secondo me si capisce
dalle tante, troppe appendici, inclusa quella del curatore che incensa la
capacità di scrittura dell'autore, ma ammette anche se in maniera sottaciuta
che del testo metà non lo capiva. Potrebbe essere anche un suo limite, però,
visto che in un racconto che dovrebbe essere ambientato attorno al 1930, ma con
digressioni nel passato ci caccia parole come foulard (e non ve n'era una
italiana, che so, velo?) e peggio del peggio "stock di racconti". Ma
stiamo scherzando?
Mi ricorda per alcuni aspetti
un altro "Libro del mese" del Club di lettura Il naso nei libri,
ovvero El especialista de Barcelona di Busi. Anche in quel caso una grande
capacità di uso della parola o di scrivere a servizio della totale mancanza di
una storia da raccontare, ma almeno Busi era simpatico.
Maria Grazia **
Ci sono libri che andrebbero letti una sola volta, per conservare intatta la magia della scoperta di una narrazione diversa da quella normalmente sperimentata, perché la storia continui a scintillare intatta nella memoria, senza che la ripetizione di una narrazione conosciuta la faccia scivolare in secondo piano rispetto al modo in cui è narrata.
Questo è quanto mi è successo rileggendo a moltissimi anni di distanza Creatura di sabbia.
L'eccesso di parole si è mangiato la storia, che pure trovavo e trovo ancora bellissima e originale, l'ha messa sullo sfondo, e ha dato spazio alla noia.
Maria Grazia **
Ci sono libri che andrebbero letti una sola volta, per conservare intatta la magia della scoperta di una narrazione diversa da quella normalmente sperimentata, perché la storia continui a scintillare intatta nella memoria, senza che la ripetizione di una narrazione conosciuta la faccia scivolare in secondo piano rispetto al modo in cui è narrata.
Questo è quanto mi è successo rileggendo a moltissimi anni di distanza Creatura di sabbia.
L'eccesso di parole si è mangiato la storia, che pure trovavo e trovo ancora bellissima e originale, l'ha messa sullo sfondo, e ha dato spazio alla noia.
Daniela gli da ** e sintetizza:
Lirico, fiabesco, noioso, ma perché lo hanno decantato così tanto?
Eh, già. Perché?
Nell’impossibilità di effettuare
una vera e propria estrazione, a maggioranza abbiamo deciso di scegliere per il
prossimo mese il libro di Rita che previdentemente aveva già indicato a Daniela
titolo e autore.
Ecco che il 9 settembre parleremo
di La strada celeste di Xinran. Sede da definire.
Cristina
P.S. Grazie Cristina per questa puntuale ed esaustiva recensione dell'incontro. La torta che avevo preparato per la serata me la sono mangiata io insieme a marito e figli ma avrei volentieri assaggiato la pasta fredda di Daniela e le altre leccornie e goduto della vostra compagnia.
Per la prossima volta direi che possiamo ritornare alla "nostra" trattoria, continuando però a cercare un altro posto più silenzioso e tranquillo.
Ci aggiorniamo su Anobii. A presto.
Francesca
Grazie a te, Francesca, per la consueta efficienza e rapidità. Anche per me tornare in trattoria - almeno temporaneamente - è una buona idea. Ne parliamo via Anobii, con il resto del gruppo.
RispondiEliminaPS: Ci sei mancata, e anche la tua torta! :)
Copincollo la recensione di Maria Grazia, presa di peso da Goodreads:
RispondiElimina2*
Ci sono libri che andrebbero letti una sola volta, per conservare intatta la magia della scoperta di una narrazione diversa da quella normalmente sperimentata, perché la storia continui a scintillare intatta nella memoria, senza che la ripetizione di una narrazione conosciuta la faccia scivolare in secondo piano rispetto al modo in cui è narrata.
Questo è quanto mi è successo rileggendo a moltissimi anni di distanza Creatura di sabbia.
L'eccesso di parole si è mangiato la storia, che pure trovavo e trovo ancora bellissima e originale,l'ha messa sullo sfondo, e ha dato spazio alla noia.