L'impressione che io ho avuto leggendo il quarto romanzo della ricca bibliografia di Carlo Sgorlon è stata proprio quella di avere a che fare con personaggi reali, vivi, carnali, che in ogni momento tentavano di uscire dal libro. Eliseo e Rita esistono davvero, o sono esistiti davvero, in qualche paese del Friuli collinare, in qualche casa friulana di quelle tipiche, a tre piani (terra, primo e mansarda), con anessa stalla e legnaia...e naturalmente vigneto sul retro!
Ma chi mi aveva detto che Sgorlon era noioso?
Serata calda, caldissima ma ciononostante piacevole.
Cristina ha cucinato per noi, nell'erronea convinzione che morissimo di stenti.
Dopo l'abbondante cena ci siamo trasferiti in giardino. Nove seggiole intorno ad un tavolinetto basso, la luce della strada e il fumo di uno zampirone. Le nove seggiole erano occupate da Daniela, la padrona di casa, Cristina, la cuoca e poi da Catia, Augusta, Monica, Stefania, Maria, Claudio e da me (Francesca).
Il romanzo è stato apprezzato da tutti, anche da chi, non essendo friulano, forse non riesce del tutto a capire certi meccanismi mentali, certi ragionamenti o un certo modo di vedere la realtà che sono tipici della gente friulana: la dignità ad ogni costo, il culto del lavoro, l'incapacità di stare con le mani in mano, il pudore nel chiedere.
Eliseo è un personaggio di grande spessore morale. Ha commesso un grave errore, ha pagato per questo un prezzo alto ma giusto e lui lo sa e adesso cerca, con grande rigore, di rifarsi una vita, ma non è facile. Molti gli voltano le spalle, in tanti non vogliono avere a che fare con lui.
Ma la sua calma, la sua saggezza, la sua correttezza, la gentilezza, la puntualità e le sue capacità manuali presto lo faranno apprezzare da tutti e le cose cominceranno a cambiare.
E' una storia semplice, breve, vivida, raccontata rispettando il ritmo delle stagioni, il tempo della natura e le sue leggi.
Sgorlon scrisse il romanzo nel 1973 in italiano ma molti hanno letto la versione tradotta in friulano.
E adesso un po' di commenti scovati su Anobii.
CRISTINA:
La mia valutazione si orienta più verso le 3 stelle e mezzo.
E' una piccola, toccante, storia di una vita che riparte da zero, dopo
un errore di quelli cui non si può porre rimedio ma si devono solo
espiare.
Il protagonista affronta la nuova vita con dignità e coraggio, ma anche
con un certo orgoglio che è tipico del friulano: quello di rimboccarsi
le maniche e riprendere le redini della propria vita attraverso il
lavoro è ancora, grazie al cielo, una caratteristica degli uomini e
delle donne originarie di quel "piccolo compendio dell'universo" che è
il Friuli. Pocjes monades, e a lavorà.
Certo il Friuli che descrive Sgorlon non esiste più, ma ne rimangono
tracce profonde che danno speranza. Sotto sotto siamo ancora fissati con
il lavoro, anche duro, e con il mattone (la casa).
Abito proprio nella zona in cui si svolge il racconto, ed è bello
ritrovare, nonostante il tempo trascorso, luoghi e persone non così
diverse da come sono descritte. Mio padre è nato negli anni 40, certe
scene me le ha raccontate, così come mia madre, che per andare a vedere i
primi spettacoli televisivi si faceva, con gli amici, chilometri a
piedi nei campi e su strade sterrate, senza che le paresse faticoso.
Unica difficoltà, pur essendo il friulano la mia lingua madre, è stata
la lettura in lingua. Tra dove abito e il luoghi del racconto ci sono
meno di dieci chilometri, tuttavia il friulano è già diverso: durante la
lettura ho dovuto troncare metà delle vocali finali perchè io ne uso di
diverse ^_^.
DANIELA ****:
Nella semplicità della scrittura e nella descrizione della vita friulana
dell'epoca (dopoguerra), il libro è profondamente chiaro, toccante,
vivo. Le figure dei protagonisti ci coinvolgono come fossimo noi stessi a
vivere quel periodo, quella situazione e quei sentimenti, immedesimarsi
in loro ed in particolare nell'animo di Eliseo è stato un tutt'uno. Lo
scorrere delle stagioni rispecchia lo stato d'animo e il ritmo di vita
dei personaggi, il riconoscere luoghi familiari ha reso ancora più caro
leggere questo libro. Non capisco però perchè sia, o sia stato, un libro
di lettura per le scuole medie, dubito che i ragazzi di quell'età
possano provare interesse per un tempo che risale a 60 anni fa circa, o
che possano provare l'emozione di ricordare passaggi che sono propri
della nostra infanzia, o che la trama, così circoscritta nella zona, nel
tempo e nelle persone che la vivono, possa essere capita ed amata dagli
studenti medi.
STEFANIA ****:
Un libro che è il ritratto di un popolo com'era e forse in parte com'è
ancora. Un ergastolano omicida torna a casa in un paesino del Friuli in
seguito a una grazia. Sono gli ultimi anni 50, lui è stato in prigione
27 anni, perdendosi la guerra, la resistenza, il progresso tecnologico.
Arriva, viene riconosciuto e subito isolato. La sorella gli esprime
tutto il suo disprezzo, nessuno gli dà lavoro o un posto dove dormire.
Lui in fondo non è cattivo: ha ucciso un uomo in un momento di rabbia,
ma in prigione è cambiato e maturato. Un non-friulano andrebbe a cercare
di ricrearsi un'esistenza dove non lo conoscono, ma le radici sono così
importanti per questo popolo che lui rimane lì. Riesce a trovare una
camera in affitto, un lavoro prima saltuario poi un po' più stabile. E'
friulano, il suo rispetto per sé stesso passa attraverso avere un
lavoro, lavorare tanto senza lamentarsi, avere una casa. Lavoro e casa,
casa e lavoro, non un divertimento, non uno sgarro, non una risata...
giù a testa bassa a lavorare. Poi l'amore per la padrona di casa, un
lavoro più redditizio, la proposta di matrimonio. Ma anche lei, vedova
che vivacchia come sarta e con la pensione del marito è friulana:
vorrebbe tanto risposarsi, avere qualcuno, è talmente sola da aver
accettato di mettersi in casa un assassino, ma perderebbe la pensione
del marito; se quell'uomo muore non avrebbe niente con cui fare studiare
il figlio. Così rifiuta la proposta di matrimonio. Lui vorrebbe
andarsene, ma di nuovo è friulano, non riesce a lasciare la sua terra,
resta lì. Alla fine tutto si assesta su questa strana famiglia, che
famiglia non e': vedova, figlio e ex-ergastolano, che si fanno
compagnia, si vogliono bene e si aiutano a vicenda. Un finale non
allegro ma neanche disperato. In tutto questo bellissime le descrizioni
dei paesaggi, l'amore dell'autore per la sua terra, il racconto del
passaggio da un'epoca molto arretrata alla modernità, con i problemi di
adattamento delle persone non più giovani.
E adesso il libro per la prossima volta.
"IL MONDO DI IERI - ricordi di un europeo" di Stefan Sweig.
Il libro è stato scelto da Claudio.
Ci vediamo MARTEDI' 8 SETTEMBRE alle ore 20.00, nella nostra nuova sede, a casa di Daniela!!!
A presto e buone letture a tutti
Francesca
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