mercoledì 4 dicembre 2013

L'India non è un paese per donne

All'incontro del 3 dicembre si sono unite al gruppo due nuove amiche: Rita e Marilaura.
BENVENUTE, BENVENUTE.
Peccato che, causa riunione non prevista, la nostra solita saletta un po' appartata è stata occupata da altre persone e noi siamo stati relegati nel bar, dove la confusione si sprecava! A parte questo, bella compagnia, discussione accesa e anche risate.
Abbiamo discusso il libro della scrittrice indiana Anita Nair, CUCCETTE PER SIGNORE.

I commenti non sono stati entusistici ma nemmeno troppo severi. Tutto sommato un romanzo che per noi donne occidentali è difficile da comprendere, abituate ormai ad una relativa parità tra i sessi.
Un'altro libro tutto al femminile che avevamo letto insieme era stato "L'albergo delle donne tristi" e da subito i due romanzi sono stati messi a confronto ma mentre le protagoniste della Serrano ne escono assolutamente massacrate, le sei donne della Nair sono assolte e giustificate.
Come dice bene Cristina nel suo commento che più sotto riporto, L'India non è un paese per donne.
Una cosa che ha colpito in negativo è stata la fine: l'emancipazione di Akhila passa attraverso il sesso occasionale con uno sconosciuto. Piuttosto sconvolgente e anche inverosimile per una donna che fino a 45 anni ha vissuto all'ombra della sua famiglia, timorosa e timorata del giudizio altrui e schiacciata da mille sensi di colpa!
Al termine della serata ci siamo scambiati i libri ed è stata una piccola festa!
Presenti alla serata: Cristina, Francesca (io), Stefania, Daniela, Maria Grazia, Francesco e per la prima volta Rita e Marilaura.

Ed ecco il commento di Cristina.
 Mi arrendo. Non ho i riferimenti culturali per valutarlo questo libro. Se lo faccio filtro il racconto attraverso la mia  esperienza di zitella occidentale 45enne, impiegata. E c'è un abisso tra me e Akhila, anche se pure la mia di famiglia e la società in cui vivo mi ha caricato di sensi di colpa abominevoli. O, più correttamente, anche io ho permesso alla mia famiglia e alla società in cui vivo di caricarmi di infiniti e inutili sensi di colpa.
Se devo valuare le storie le trovo una più triste dell'altra, non solo per le crudeltà e le cattiverie che queste sei donne sono state obbligate a subire dal destino, ma soprattutto per le crudeltà e le cattiverie che la loro condizione di vittime sacrificali le obbliga a compiere. Cattiverie e crudeltà che sono sempre subdole, mai dirette, sono colpi alla schiena della vita. Fossero crudeltà oneste sarebbero comprensibili: così non c'è speranza per niente e per nessuno. 

Tutte si adattano, si piegano, si curvano alla vita che le schiaccia, e nel curvarsi spargono veleno. E' così che vivono le donne in India, nel mondo? E' a questa miseria che sono condannate, che siamo condannate? 
La nostra vita è diversa, ma è sempre più un abdicare al nostro ruolo di creazione, di nutrizione, di centro (e non parlo di figli e famiglia, ma proprio di vita), ruolo che alle protagonsite del libro viene imposto con estrema violenza. Apparentemente alle donne occidentali non lo è, ma quali altri ruoli, quali altri compiti ci vengono martellati in testa? Quali altre parti dobbiamo recitare?
Dato che razionalmente non ne esco, recensisco di pancia? E allora devo dire che Akhila è una Cenerentola al cubo sfruttata dalla famiglia di cui si deve assumere la responsabilità, che butta alle ortiche l'unica possibilità di essere felice perchè ha paura del giudizio degli altri (e la capisco, sinceramente) e che alla fine, banalissimamente, come simbolo della ribellione contro la famiglia e il destino crudele si porta a letto un 25enne. Si può essere più banali di così, Anita Nair? 
Che le donne raccontate nel libro sono una più infida dell'altra? Quella che si attacca al marito perchè non ha altro, l'altra che lo ingrassa come un maiale per controllarlo (invece di avvelenarlo come meriterebbe), la più terribile di tutte che dice che abbandonare il figlio in una fabbrica (con tutte le conseguenze del caso) per ricavarne i soldi per pagarsi una operazione era "destino"? Non era destino, era scelta. E tutti dobbiamo portare il peso delle nostre scelte. Tutti.
No, proprio non ho la preparazione culturale per capirlo questo libro, e probabilmente il mio giudizio è ingiusto e sbagliato, ma per me non va oltre le due stelline. Velate di ignoranza, annebbiate dall'incomprensione, ma sempre due sono.
Una cosa però l'ho capita: l'India non è un posto per donne. 

Riporto qui anche il mio commento scritto su Anobii.
Più che bello, questo romanzo è carino. Nulla di più!!!
Sei donne, molto diverse tra loro, con delle storie alle spalle di autocastrazione e silenzi. Uno spaccato della società indiana, con le sue tradizioni e i suoi costumi, con i suoi orrori e le sue grazie, i colori dei sari, gli odori e le fragranze delle sue pietanze (alla fine del romanzo ci sono anche parecchie ricette della tradizione!!!!) e la sua persistente barbarie.
Se le mogli non si immolano più sulla pira del marito defunto, però continuano a immolarsi o autoimmolarsi in mille altre maniere e se non sei moglie, ma semplicemente donna, devi comunque vivere all'ombra di un padre, un fratello o un parente.
Questa è la storia di una emancipazione, forse tardiva, ma certamente benedetta! 


E adesso parliamo del prossimo appuntamento.
Purtroppo Maria Grazia ci lascia. Va a vivere in Germania e quindi non sarà più dei nostri... almeno in carne ed ossa! Cercheremo di collegarci ugualmente con lei attraverso Skype in modo da essere sempre insieme anche se distanti. Il prossimo appuntamento sarà quindi un po' High Tech!
Il libro, scelto dalla nuova arrivata Marilaura è:

CATE, IO  di Matteo Cellini


Ci vediamo MARTEDI'  14 GENNAIO alle ore 20,00, sempre presso la Trattoria al Torre di Via Cividale.
Nel frattempo vi auguro BUON NATALE E BUON ANNO!!!

A presto
Francesca

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