giovedì 3 settembre 2020

Niente caffè per Spinoza

Un libro di per sé non è nulla se non trova qualcuno che lo fa vivere nella lettura

Maria Vittoria ha quaranta anni, un matrimonio che si regge “come una capannuccia fatta con gli stuzzicadenti”, e nessun lavoro. Vive a Livorno, e la città è quasi la terza protagonista del racconto, con il mare, il libeccio che entra nelle ossa e ti cambia l'umore, Villa Fabbricotti, la Terrazza Mascagni, il mercato generale, l'alternanza delle stagioni che sul mare si avverte dal rumore che fanno le onde quando si infrangono sugli scogli

Maria Vittoria (Marvi per far prima) ha un disperato bisogno affrancarsi da una vita passata ad adeguarsi agli altri, sottoamata dalla famiglia, dal marito, praticamente da tutti tranne che dal cane dell'insopportabile suocera - Aceto - che, da bravo canino, la ama, ricambiato.

Trova finalmente impiego come badante del professor Farnesi a cui dovrà pulire casa e preparare i pranzi ma soprattutto leggere. Il professore è infatti cieco, ma dotato della capacità di vedere le cose per come sono e di capire la vita molto migliore di tutti i normodotati che lo circondano. 

Il Professore, un po' scorbutico ma gentile, affronta la vita a colpi di citazioni, che rintraccia sicuro nei tanti libri che ha in casa, e che Maria Vittoria gli legge, il più delle volte senza comprenderne veramente il senso. Ma piano piano inizia ad apprezzare la Filosofia, a leggere per il piacere di farlo.

Livorno

Nel racconto, per la maggior parte dedicato a Maria Vittoria e al Professore, compaiono anche Elisa, figlia adorata ma sconclusionata del Professore, musicista sempre impegnata in giro per il mondo, che ogni tanto arriva in casa del padre con figlie e marito (inutile) al seguito, e una pletora di vicini, amici e ex allievi  che rendono sopportabile all'anziano professore la reclusione dovuta alla cecità e alla malattia.

Tra alti e bassi di umore e salute il tempo del professore su questa terra sta per concludersi, ma lo fa solo dopo aver aiutato Maria Vittora a diventare una persona più forte, in grado di affrontare la vita a testa alta e, forse, a trovare un nuovo amore. Ma prima di tutto a ripigliarsi Aceto.

Niente caffè per Spinoza è un libro che ci è piaciuto, e che - semplificando al massimo - si può riassumere con la parola "delicato". I drammi, che pure ci sono, sonno raccontati sottovoce, senza urla e strepiti, o tenuti un po' in sospeso, senza essere forniti di una vera spiegazione. Rimangono appena accennati i motivi della morte della moglie del professore, la storia della sorella emigrata in America, il rapporto di Maria Vittora con l'ignobile marito e con l'anaffettiva famiglia di origine, soprattutto con la madre, la figura evanescente ma sgradevole del marito di Elisa.

Villa Fabbricotti, a Livorno
In Elisa si possono riconoscere alcuni tratti autobiografici dell'autrice (anche lei musicista). Per stessa ammissione della Cappagli il professore è ispirato all'80% da suo padre, anche lui professore di liceo e anche lui ipovedente, ma speriamo vivamente non si possa dire lo stesso del marito (se c'è).

L'aspetto sicuramente che più ci ha colpito è stato il racconto - delicato e sensibile - del procedere della vita del professore verso la sua ineluttabile conclusione. E' lo svuotarsi dell'amata libreria dell'uomo, più che la descrizione dei tanti sintomi fisici, che ci fa capire che la fine è vicina. E quando la morte sopraggiunge, lo fa con una nota comunque positiva, come un lento accompagnamento alla fine naturale di una vita, vissuta con i suoi drammi e i suoi dolori, e le sue asperità, ma non priva di significato e soddisfazioni. 

Note dolenti ce ne sono? Certo che ce ne sono. Prima di tutto la mancata spiegazione di alcune parti del racconto (vedi sopra), e a seguire la trama sentimentale che abbiamo unanimemente ritenuto inutile, dato che non solo non aggiunge nulla alla storia ma non è nemmeno tanto credibile. Per ultimo (e dibattuto assai) ad alcuni di noi - in primis alla scrivente - le tante citazioni hanno un po' appesantito la lettura (ma è un problema della scrivente.)

E' un libro di buoni sentimenti? Si. E' un libro perfetto? No. Ma a fine lettura prevale un sentimento di tenerezza che abbraccia tutti i personaggi, e li accompagna verso un nuovo futuro. 

Prossimo libro: Fiore di roccia di Ilaria Tuti.


 

Ci si vede, Coviddi permettendo, alle porte dell'autunno.


martedì 1 settembre 2020

Le streghe di Lenzavacche

Tuttti cattivi presagi, figlio mio, ma tu eri nato, e pur squadernato da un vento di sfortuna, ti chiamai Felice, e decretai che quello era il primo passo per ribaltare il destino.

Un bambino cerca un maestro, e un maestro cerca un allievo, per le stradine di Lenzavacche, contrada di Noto, Provincia di Siracusa, in quel lembo estremo di Sicilia, sospeso tra terra e mare, in cui vivono ancora antiche tradizioni e ataviche paure.

Siamo nel 1938, in un Italia fascista che non tollera le impefezioni (o anche solo le deviazioni dalla normalità), e tuttavia Felice esiste, vive, nonostante il corpo informe, e le difficoltà. Figlio di una "strega" e di un vagabondo, amato oltre ogni cosa dalla madre, Rosalba,e dalla nonna, Tilde, che lo allevano cercando di dargli tutta la normalità possibile, ma anche dal farmacista Mussumeli, spirito libero anche lui in un tempo che libero davvero non era, che della piccola famiglia è protettore e confidente.

A qualsiasi orario rincorrevo per te la vita, e la vita fuggiva, si scansava lesta al tuo passaggio, era intuitiva e feroce, la vita, ti fiutava come una bestia pericolosa e inesorabilmente ti lasciava indietro. E dire che tu l'amavi pazzamente


Non manca di intelligenza Felice, e di quella capacità di amare la vita che  rende il nostro breve viaggio su questo mondo un dono infinito di meraviglia e felicità nonostante dolore e emarginazione. Anche se si ha il destino contro. Quel destino che nei secoli si è accanito contro la famiglia di Felice, e contro tutti gli spiriti liberi, vicini alla Natura e alla Terra, che hanno vissuto a Lenzavacche. Le streghe, insomma.

Le streghe di Lenzavacche è un libro poetico e delicato, che vive in fragile equilibrio tra aspetti realistici e favolistici di un racconto che si divide in due parti ben distinte, quella ambientata nel 1938 e quella in cui viene narrata la storia delle Streghe di Lenzavacche e del loro eterno penare sotto il giogo dell'ignoranza e della cattiveria umana.

Sarà il breve epilogo, ambientato appena dopo la Seconda Guerra Mondiale, a tirare le fila di passato e presente, e a rivelare i misteriosi intrecci del destino che uniscono Felice e la sua piccola famiglia al maestro Mancuso e al suo misterioso dolore.

Il libro ci è piaciuto molto. Purtroppo ha subito anche lui i mesi di lockdown, e l'impossibilità di incontrarci per parlarne. Così - da perfetto gruppo di lettura in tempo di Corona Virus - ne abbiamo parlato a spizzichi e mozzichi, un po' una sera, un po' durante una riunione via Skype.

Un peccato, perchè il messaggio del racconto, fortemente dalla parte delle donne e del "diverso" (diverso da chi, poi) è un inno all'accettazione, alla capacità di amare nonostante le inevitabili conseguenze, al coraggio di andare contro i limiti imposti dalla società e i pregiudizi del pensare comune.

Oberon, Titania and Puck with Fairies Dancing di W. Blake
Oberon, Titania and Puck with Fairies Dancing di William Blake
Un inno, anche, alla fantasia e alla lettura, ai libri e alla scuola. Felice desidera solo andare a scuola, leggere, imparare. E alla fine ce la farà, grazie all'amore della sua famiglia, e di un maestro non omologato, in barba alla gerarchia e alla burocrazia (che diventa, ironicamente, il grimaldello necessario a fargli ottenere quello che vuole).

Non un libro perfetto (la seconda parte è molto meno convincente della prima) ma sicuramente godibile e con un bel messaggio positivo. Uno dei pochi libri da noi letti che avrebbe guadagnato dall'essere  un centinaio di pagine più lungo.

Trovata una sola recensione, di Cristina (4 stelle):

Mi è piaciuta molto la prima parte, decisamente meno la seconda. Ergo quattro stelle. Peccato perché il racconto "recente" è bellissimo.

Prossimo libro: Niente caffè per Spinoza di Alice Cappagli.