sabato 29 novembre 2014

Venuto al mondo

Lascio nuovamente la parola a Cristina per la recensione della serata di martedì 18 novembre, non perchè non ci fossi ma semplicemente perchè, non avendo letto il libro, mi è sembrato giusto lasciare spazio a chi l'ha fatto... o almeno ci ha provato!

Avevo intuito che Venuto al mondo di Margaret Mazzantini sarebbe stata una lettura difficoltosa quando, nel comunicare a Maria Grazia titolo e autore per la riunione di novembre del Club, mi sono sentita rispondere: "La Mazzantini? Per carità!"
Ohibò, si comincia bene, ho pensato! :)


Il 18 novembre eravamo in sei (con l'aggiunta di Chicco, il figlio di Stefania, ospite gradito ma involontario, che si è dedicato ai suoi amati fumetti e ci ha lasciato alle nostre rutilanti discussioni su un libro che ci ha visto piuttosto divise nei giudizi.
Presenti io (Cristina), Daniela, Francesca, Marilaura, Stefania e Maria. La cronaca della serata ricade su di me dato che Francesca ha ceduto le armi davanti al tomo mensile e ha passato il testimone alla sottoscritta, che almeno un 200 pagine me le sono lette. Poi pure io mi sono arresa, lo confesso. Più brave le altre lettrici fortunatamente, che il libro lo hanno finito e pure apprezzato... più o meno.

La storia raccontata è quella di Gemma, dei suoi amori, soprattutto quello per Diego, giovane fotografo che incontra a Sarajevo dove si è recata per la tesi di laurea, di un figlio desiderato disperatamente e ossessivamente, fino alle estreme conseguenze, fino alla disperazione. Si racconta anche di Sarajevo, ieri e oggi, e della Guerra di Yugoslavia. Così amore e morte si uniscono in una storia il cui finale non racconto, se volete ve lo andate a cercare in fondo a questo tomo da quasi 500 pagine scritto con stile denso e ridondante.
Uno stile che ci ha diviso, come ci ha  diviso il personaggio di Gemma, antipatico alla maggior parte di noi e che solo in parte siamo riuscite a comprendere e capire.
Nel tirare le somme, e prima di inserire le recensioni, il sunto delle opinioni sul libro: Francesca non pervenuta :). A Daniela, Maria e a me medesima illustrissima il libro non è piaciuto. Marilaura lo ha apprezzato ma non è un libro che rileggerà. A Stefania è piaciuto moltissimo.
Unica cosa su cui siamo state tutte (o quasi) concordi è che lo stile della Mazzantini non lo amiamo: troppo involuto, troppo ricercato in alcuni punti per poi crollare in una volgarità inutile, in una metafora ripetitiva; come se l'autrice conoscesse le tecniche di scrittura, ma le mancasse, forse, una vera capacità di scrivere.
Comunque ecco le recensioni (pochine purtroppo):

Stefania 5*
Un libro molto bello e complesso. Le vicende della protagonista, il suo desiderio di maternità a tutti i costi si intrecciano con la storia della guerra in Iugoslavia e dei suoi orrori. Come molti libri della Mazzantini il soggetto è la debolezza degli esseri umani, insieme alla bellezza e ricchezza dei loro sentimenti.

Cristina 1*
Mi dispiace, ci ho provato, lo giuro.
Ho arrancato per 100 pagine nella vita di una protagonista che mi ha grattato sui nervi fin da subito, in una palude di frasi secche, involute, ripetute, piene di metafore canine francamente perplimenti, ma quella del cane che si butta sulla merda, quella è stata troppo.
Ho sopportato 100 pagine di questa qui che manco scende dall'aereo e ha già il poeta sfigato e il fotografo talentuoso ai suoi piedi, e molla entrambi per sposare il borghese fidanzato in un tripudio di pizzi e svolazzi. Ma poi... poi il fidanzato (ora marito) borghese, con carriera sicura, che la ama ma anche no è troppo poco, e così si tormenta ancora il giovane fotografo perchè si sa, il vero amore, quello totalizzante, vince sempre.
Ho tollerato ancora 50 pagine di "siamo solo noi e il mondo fuori", e sono così felici, ma così felici che quando finalmente tutti e due fanno carriera (perchè il vero amore è romantico, ma la miseria lo è per poco) e lui la ama totalmente nonostante lei sia una prugna secca vecchia e insopportabile che manco si accorge che le sue studentesse sono tutte strafighe che glielo deve far notare lei così che la possa rassicurare che non se ne accorge, ecco che Gemma deve cercare quello che le manca e allora parte la corsa al figlio, perchè si sa mai che Diego la lasci, e allora deve possederlo, o possedere una parte di lui che sarà sua e sua soltanto.
E ho sopportato ancora 50, 60 pagine di esami, aborti, tragedie, ovuli incompleti, con la protagonista in avvitamento completo su se stessa, per questa ossessione riproduttiva, fino all'ultima speranza, fino al rigetto della richiesta di adozione.
Ho tollerato altre dieci, 20 pagine, (ma lo confesso, ho saltellato e molto) di metafore su uteri sterili, deserti inospitali, ovuli tristi, altre donne fertili e lei no.
Poi ho detto basta.
Non me ne frega niente di sapere come sia nato Pietro, da chi e da cosa abbia ottenuto sta donna il figlio che tanto desiderava, come abbia perso Diego, e incontrato il marito. Mi importava di Sarajevo, della guerra, di Rajko, ma l'idea di dover sopportare altre 300 pagine dei piagnistei di questa mi è intollerabile.
La vita è troppo breve per passarla a leggere libri così.
Margaret, mi dispiace, ma passi da "lettura possibile" (nemmeno Non ti muovere mi era piaciuto granchè) a "lettura impossibile". Tu manco te ne accorgerai, ovviamente, ma io si.
Addio. 

Daniela gli ha dato 2 stelline ma non ha recensito il libro.

Su tutto due frasi mi hanno colpito. Una è di Maria, che fa sempre osservazioni molto profonde e interessanti, ed è che mai come in questo libro il detto Tale padre tale figlio si rivela completamente sbagliato. L'altra ci arriva via mail da Stè che qualche giorno fa ci ha inviato il riassunto di Chicco della serata:
"Mamma, perchè leggete libri noiosi su un alieno mutante che fa il fotografo?"
"???"
"Si dai, quello che rilascia sostanze tossiche... quello tossico!"
Eh già. Perchè?

La prossima lettura, proposta da Daniela, è IL CAFFE' DELLE DONNE di Widad Tamimi.


Ci si vede MARTEDI' 16 DICEMBRE , solito posto, solita ora! E oltre agli auguri ci scambieremo, come l'anno scorso, anche un piccolo regalo libresco da sfogliare durante le feste.

Cristina

Bene, concludo questa simpatica recensione di Cristina ricordandovi di portare un libro, solo uno, incartato e anonimo. Può essere un libro che avete a casa, oppure comprato nuovo fresco fresco... un libro che avete amato e che volete condividere. Al termine della serata ogniuno pescherà nel mucchio e... il caso deciderà!!!
A presto e buone letture

Francesca


giovedì 6 novembre 2014

Decanter

Avevano ragione Maria e Stefania: "Resta con me" è un romanzo che ha bisogno di tempo per essere capito, recepito e digerito.
Dopo molti giorni dalla sua lettura, ancora ripenso al bel romanzo di Elizabeth Strout.


Sulle prime il romanzo mi era piaciuto abbastanza ma senza entusiasmarmi. Non riuscivo a trovare le parole per descriverlo, per esprimere con esattezza ciò che mi era piaciuto e ciò che mi aveva lasciata perplessa. A distanza di giorni posso dire che è un romanzo davvero importante. I sentimenti espressi, il modo in cui sono descritti, la gestualità dei personaggi, i rapporti tra le persone, l'ambiente ipocrita e bigotto, ignorante e provinciale... tutto è descritto in modo sublime.
E' un romanzo sul dolore, sull'ncapacità di comprenderlo e accettarlo perchè al dolore bisogna arrendersi, altrimenti non si riuscirà mai a superarlo. E' un romanzo sull'ipocrisia della provincia americana, sulla maldicenza e sui danni che può fare. E' un romanzo sulla semplicità e su quanto possa guarire e risanare.
E' un bel romanzo che va letto lentamente e assaporato, come un buon vino che ti lascia in bocca il suo sapore anche dopo molto tempo che l'hai bevuto.

E adesso le recensioni che ho trovato su Anobii.

CRISTINA (senza stelline)
Non ricordo dove ho letto che il dolore del lutto è come una tana di coniglio, si deve percorrerlo tutto fino in fondo per uscirne.
Al protagonista di questo romanzo accade proprio questo: deve percorrere il proprio dolore fino in fondo, fino ad esporlo davanti a tutti, per poter trovare la forza di crescere e andare avanti.
Gli ambienti sono descritti con amore e delicatezza, ma non senza definizione. I protagonisti, soprattutto Tyler e la figlia Katherine, sono complessi, fragili, dolorosi. Gli altri purtroppo solo brevi pennellate di ambiguità, più ombre che luci, che restano sospesi e, tutto sommato, anche un poco inutili: servono solo per far accadere le cose (brutte) che devono accadere. Del resto questo piccolo paese, tutto spazi grandi e inverni gelidi, è come uno stagno o una pozzanghera. Magari è carino in superficie, ma sotto sotto si annida la stessa cattiveria che appesta il resto del mondo.
Il percorso che porta i parrocchiani di questo piccolo paesino sperduto dalla cieca ammirazione, al bieco pettegolezzo crudele, alla finale - e adulta - accettazione del Reverendo Caskey è ben scritto nella prima parte, troppo rapido e consolatorio nella seconda. Nel mezzo, alla rinfusa, accenni di violenza sessuale, impulsi sessuali non accettati, eutanasia, omicidio e aborto, ma sono temi solo sfiorati.
L'autrice accenna, poi sta al lettore prendere le parti di questa o di quello, comprendere o rigettare i personaggi. La Strout racconta, ma ci evita pareri personali, anche se a volte si rivolge direttamente al lettore. La sua opinione a volte credo di averla compresa, ma la critica è solo sussurrata, inespressa, come la rabbia di Tyler che, fino alla fine, è un personaggio che non vuole nuocere a nessuno, dispiacere a nessuno. Peccato che alla fine chi viene ferito e quasi distrutto siano lui e la figlia Katherine.
Riconosco che è un bel libro, ma le tante, troppe citazioni di salmi, e i tanti, troppi riferimenti a un accidenti di filosofo di cui non saprei scrivere il cognome nemmeno dopo dieci tentativi, me lo hanno reso indigesto. Classico caso di libro giusto, ma momento sbagliato.
Molte volte avrei voluto scuotere Tyler, dirgli di svegliarsi, che i suoi amati parrocchiani erano squali in attesa di sangue fresco, ma purtroppo la Strout così lo ha scritto.
Alla fine crescono lui e i parrocchiani: bene così.

STEFANIA ha dato al romanzo 4 stelle ma non ha inserito alcuna recensione

FRANCESCA (IO - 4 stelline)
Bella scoperta Elisabeth Strout. Mi piace il suo modo di scrivere e soprattutto la sua capacità di far crescere la storia anche attraverso piccoli gesti, particolari, sentimenti vaghi che poi diventano man mano concreti e tangibili. Nel romanzo non succede un gran che, dal punto di vista dell'azione, ma avviene una rivoluzione interiore nel protagonista, una presa di coscienza, una maturazione profonda. L'autrice poi descrive con abilità la bigotta e chiacchierono società americana che vive di pettegolezzi e congetture, di ipocrisia e stupidità, con quel leggero sadismo che fa godere delle disgrazie altrui.
Bello, mi è davvero piaciuto. Quattro stelline piene!!! 

Presenti alla serata: Cristina, Stefania, Marilaura, Maria, Daniela, Monica ed Io (Francesca).

E adesso il romanzo scelto per la prossima volta...
VENUTO AL MONDO di Margaret Mazzantini.


La persona che l'ha proposto è stata Stefania
Ci vediamo MARTEDI' 18 NOVEMBRE alle ore 19.30-19-45 alla Trattoria al Torre di Via Cividale a Udine.

Buone letture

Francesca

mercoledì 17 settembre 2014

Romanzo o Dossier?

Nella Depandance della casa di Daniela abbiamo trascorso una piacevolissima serata, intorno ad un tavolo apparecchiato, davanti ad una pizza fragrante e a bevande fresche e deliziose.
Presenti: Io (Francesca), Stefania, Cristina, Marilaura, Rita, Monica, naturalmente la padrona di casa Daniela e per la prima volta Maria.
Come al solito abbiamo parlato del più e del meno e abbiamo accolto nel gruppo Maria, una deliziosa signora non vedente che ci ha parlato dell'affascinante mondo degli audiolibri e della sua passione per la letteratura.
A circa metà cena abbiamo affrontato la discussione del libro del mese: LA STRADA CELESTE di Xinran.





Pur nell'assenza di qualsiasi entusiasmo, i giudizi sono stati discordanti.
Marilaura è stata sicuramente la più convinta nella difesa del libro, io e Cristina invece non l'abbiamo salvato, se non forse nell'originalità della storia.
Xinran non è una scrittrice, è una giornalista e questo si sente, e non poco, tra le pagine del suo libro. Un modo di raccontare freddo, da mera cronaca, senza coinvolgimento emotivo, senza pathos ma anche senza l'esattezza storica e cronologica che un dossier giornalistico dovrebbe avere.
Ne carne, ne pesce. Ne questo, ne quello!!!
Chi si aspetta un romanzo su una straordinaria storia d'amore,  su una donna che lascia la Cina per andare alla disperata ricerca del marito disperso nel Tibet, resterà deluso. Chi si aspetta di leggere un resoconto storico sull'invasione cinese del Tetto del Mondo, resterà ugualmente deluso

Resta comunque la bella storia di una donna straordinaria... anche se indubbiamente mal raccontata.
E adesso passiamo ai commenti dei partecipanti.

Cominciamo con quello di Cristina ***
Non so, non mi ha convinto.
L'ho letto volentieri, e pure in fretta, ma non mi sono mai immedesimata, non mi ha mai coinvolto. La storia scorre un poco sottotono nella grandiosità dei paesaggi e degli avvenimenti, ma la protagonista mi sembra un poco un pesce nell'acquario, si muove ma al rallentatore.
Spazi immensi e diversità culturale non possono non aver inciso, ma in alcune parti la cronologia del racconto mi ha lasciato molto perplessa: trenta anni per scoprire cosa è davvero successo al marito, e in pochi mesi ritrova l'amica rapita anni prima e lo spasimante di questa?
Gli scherzi del destino sono crudeli, ma la cosa mi è parsa forzata.
Altra parte che non mi ha convinto del tutto: vieni adottada da una famiglia nomade, e non fai uno sforzo per imparare immediatamente la lingua? Anzi ci metti secoli a imparare a esprimerti e sei persa quando ti rapiscono l'amica? Se davvero volevi trovare la verità su tuo marito forse ti dovevi impegnare un poco di più.
Tuttavia la parte relative agli anni passati coi nomadi, la loro cultura, la risoluzione del mistero sul marito, e infine la conclusione - sospesa - del racconto mi sono piaciute.
Peccato la mancanza di coinvolgimento della narratrice che snocciola fatti, ma non riesce a dare vita al racconto che rimane sempre a metà tra romanzo e racconto giornalistico, con risultati che secondo me sono scarsi in entrambi i casi. Non è abbastanza emotivo per un romanzo, non ha abbastanza informazioni per un articolo giornalistico.
Forse avrebbe aiutato, nella versione italiana, un'appendice che illustrasse i fatti storici e la cultura dell'epoca, a integrazione del racconto.

Adesso Stefania ***e mezzo
Molto interessante e scritto in modo scorrevole. Racconta la vita di una donna cinese che si reca in Tibet per ritrovare il marito soldato scomparso e vi rimane 30 anni. L'unica cosa che mi ha colpita negativamente nel libro è una sorta di distacco, apparente mancanza di empatia anche se l'autrice sostiene di essere stata molto presa dalla storia... sembrano figurine di carta che si muovono su uno schermo piatto... non soffri con la protagonista anche se le sue vicende sono terribili, guardi come dall'esterno. Forse il problema è mio ed è esclusivamente culturale.Tre stelle e mezzo.

Ecco il mio commento Francesca **e mezzo
La storia è interessante ma credo che l'autrice abbia perso una bella occasione. Avrebbe potuto scrivere un meraviglioso romanzo sul Tibet dei nomadi, sulla spiritualità buddhista, su un grande amore finito in modo eroico... invece quello che ho letto è una storiella, raccontata come una fredda cronaca, senza emozione, pathos o partecipazione.
Ci sono poi un paio di cose che non capisco: perchè la protagonista ci ha messo 30 anni per avere notizie del marito? Ci ha messo 20 anni per ambientarsi ed imparare la lingua? Non conosco il Tibet ma immagino che gli spostamenti siano difficili e la vita dura, ma francamente mi sembra ci sia stata, nella protagonista, una buona dose di inettitudine. La seconda cosa che non mi torna è questa: alla fine del libro l'autrice spiega che il romanzo è frutto di 10 anni di studi sul buddhismo tibetano, per cercare di capire la loro profonda spiritualità. Ok, brava. Tutto quello che sai tirare fuori è il Mantra <Om mani padme hum> e quattro notizie sulla loro dottrina? Forse in oriente hanno tempi lunghi rispetto ai nostri, ma anche in questo caso 10 anni mi sembrano una assoluta eternità!!!

Daniela ha dato al romanzo due stelline, non pervenuti i commenti di Marilaura, Rita e Monica.
Purtroppo, per problemi tecnici, non ci siamo collegati con la nostra "filiale berlinese" e quindi non ci sono pervenuti i commenti di Maria Grazia e Gonza, ma la prossima volta ritorneremo alla Trattoria e sicuramento riusciremo a collegarci per risentire nuovamente le voci delle nostre amiche "straniere"!
Approposito di "prossima volta": per festeggiare l'imgresso nel gruppo di Maria, abbiamo lasciato che proponesse lei il libro per il prossimo incontro... RESTA CON ME di Elisabeth Strout.





Il prossimo incontro sarà MARTEDI' 14 OTTOBRE, ore 19.45 circa presso la TRATTORIA AL TORRE di Via Cividale.
A presto e BUONE LETTURE

Francesca

sabato 16 agosto 2014

Creatura di sabbia, creatura di rabbia


Per ironia della sorte è in una serata umida e piovosa che ci incontriamo per parlare di Creatura di Sabbia di Tahar Ben Jelloun. 

 

Anche questa volta siamo ospiti di Daniela che non solo ci accoglie ma ci ha anche preparato una sostanziosa pasta fredda. Ognuna di noi ha portato qualcosa d’altro da mangiare e il risultato è stato un banchetto rustico ma sontuoso, le cui vestigia ci siamo anche potute portare a casa. Si può dire molto delle nostre riunioni, ma non che si svolgano di fronte a un desco sguarnito.
Assenti giustificate Rita e Francesca, per sopraggiunti impegni. Anche questa volta non è stato possibile collegarsi con Berlino e parlare con Maria Grazia che comunque il libro lo aveva già letto.
Presenti, quindi: Daniela, Stefania, Marilaura, Monica e la sottoscritta, Cristina.
Rispetto al mese scorso c’è stato un notevole miglioramento. Saranno state le poche pagine (sono circa 160), ma almeno il libro lo abbiamo letto. Peccato non sia piaciuto a nessuna. Nemmeno a Monica e Marilaura che lo avevano letto anni fa. Come Maria Grazia ne conservavano un bel ricordo: la rilettura è stata invece difficile e faticosa.
Onirico, verboso, prolisso, pesante, noioso, ecco i termini che ricorrevano ieri sera per descrivere il racconto della vita della protagonista di Creatura di Sabbia, nata femmina e cresciuta come maschio per volontà del padre che vuole così disperatamente un erede da cercare di forzare la natura. Il libro narra prima in forma fiabesca, poi deragliando completamente, la vita emarginata e sacrificata di Ahmed, dall’accettazione della volontà paterna, alla ribellione anche violenta a un destino che la forza in panni non suoi.
Se l’autore avesse mantenuto il rigore dei primi capitoli, pure se scritti con stile onirico e, sinceramente, pesantuccio, il libro sarebbe stato forse non un capolavoro ma comunque una piacevole lettura. Tahar Ben Jelloun invece a un certo punto piglia la tangente e il racconto diventa confuso, privo di logica, anche un filino allucinante e allucinato prima di risollevarsi leggermente nel finale.

Il risultato sono le seguenti recensioni sparpagliate qua e là tra Anobii e Goodreads:

Gonza **
Non so se forse l'estate non fosse il periodo adatto per leggere un libro così circonvoluto, dove la storia si confonde con i narratori che a loro volta cambiano la storia, ma non mi ha preso per niente, nonostante la trama fosse affascinante per quanto già vista, per esempio in chiave ebraica con Yentl.
Resta il rumore di alcune culture che coprono le donne di proibizioni assurde e dalle quali non ci siamo ancora liberati, noi per primi come popolo con veramente poco di mussulmano.

Stefania ***
Nel Marocco degli anni 40 del secolo scorso nasce una bimba dopo 7 sorelle. Il padre decide che deve essere per forza un maschio, perché altrimenti nessuno potrà ereditare i suoi beni, che andranno ai fratelli: la giovane moglie e le altre figlie moriranno nell'indigenza. Così la bimba viene educata come un maschio e l'imbroglio durerà per tutta la sua vita (o quasi). All'inizio il libro è un po' pesante, non troppo originale, poco credibile - la bimba va ai bagni pubblici prima con la madre poi col padre, viene perfino circoncisa, diventa grande e ha le mestruazioni e nessuno, neanche le sorelle, si accorge di nulla. Regna forse l'ipocrisia, l'incapacità di vedere quello che non deve essere visto... il re è nudo e nessuno sembra accorgersene. Poi muore il padre, lei si sposa una cugina e la finzione va avanti, ma con sempre maggiore fatica per la ragazza ad adattarsi al suo ruolo. Fin qui il tutto viene raccontato da un cantastorie che legge anche parti del diario della ragazza e di sue lettere. Da qui in poi la storia diventa sempre meno credibile, nebulosa, auto-contraddicente. Muore o sparisce il cantastorie e vari personaggi raccontano secondo loro come è finita la storia. I finali si contraddicono, contraddicono le premesse, non si capisce più nulla. Muore l'eroina, no non muore è una dei personaggi narranti, ma ì invece muore è una sorella che disperata per la figuraccia che hanno fatto quando si è scoperto che il suo cadavere era di una donna che porta il diario, va a lavorare in un circo, no in un circo non ci va, il cantastorie stesso che era morto torna a raccontare un pezzo, oppure un vecchio cieco che stava dall'altra parte del mondo a cui la protagonista ha raccontato un pezzo di storia però ha anche cercato di ammazzarlo... forse.... o non l'aveva violentata e ammazzata il proprietario del circo che aveva un complesso edipico per sua madre? Insomma un pastrocchio incredibile! Le ultime 12 pagine del libro (versione Einaudi) sono quelle scritte meglio, ma non le ha scritte Ben Jelloun, ma una serie di critici che si arrampicano su tutti gli specchi possibili per dimostrare che si tratta di un libro bellissimo... sarà!

Francesca **
Sarà un mio limite, lo ammetto, ma non riesco ad apprezzare questo genere di romanzo, mi affatica e non mi coinvolge. Quando non riesco a capire dove comincia la prosa e finisce la poesia, dove è sogno e dove è racconto, allora la lettura diventa tediosa. L'unico pregio di questo libro, che non mi ha insegnato ne lasciato niente, è che ha solo 160 pagine.

Cristina **
Ammetto senza problemi che mi mancano buona parte dei riferimenti culturali di cui dispone invece l'autore (intendendosi con cultura sia l'ambiente sociale in cui l'autore è cresciuto che i tanti, tantissimi rimandi a autori, libri, poesie di cui so poco se non nulla) e che quindi la mia lettura è - per forza di cose - sbilenca, guercia, miope, ma che palle!
I primi capitoli (che a mio parere rimandano direttamente a Le mille e una notte) sono belli. Onirici, certo, ma hanno una logica narrativa che affascina. La vita negata del/della protagonista, costruita su menzogne e inganni, ma che la natura vincola con le sue regole imprescindibili (le mestruazioni, il seno, i desideri e i sogni di Ahmed), mi interessavano. L'iniziale accettazione del destino imposto dal padre, e il seguente rabbioso rifiuto dei limiti, della castrazione che la condizione di maschio, apparentemente più fortunata e promettente, invece comporta era, a mio parere, ben costruita e raccontata.
Il percorso per ritornare femmina, invece, deraglia completamente in una serie di racconti senza capo ne coda, con continui cambi di punti di vista, l'alternarsi di narratori (alcuni inutilmente grevi e volgari, altri insopportabilmente poetici e colti) in cui di trama non c'è ombra nemmeno a cercarla con il lanternino. Si salvano gli ultimi capitoletti, nei quali si torna a a una narrazione lineare che richiama l'inizio del racconto.
La mia opinione è che l'autore non sapesse proprio cosa cavolo scrivere, e allora ci ha ficcato dentro di tutto, incluse le sue molte ossessioni sessuali (alcune fastidiose e inutili), e ha ricoperto il tutto con una prosa bella, onirica, potente, e mortalmente noiosa, che tuttavia non serve a salvare il racconto.
Sa scrivere? Certo. Sa cosa scrivere? Mah, forse. E che il libro sia una cosa spuria secondo me si capisce dalle tante, troppe appendici, inclusa quella del curatore che incensa la capacità di scrittura dell'autore, ma ammette anche se in maniera sottaciuta che del testo metà non lo capiva. Potrebbe essere anche un suo limite, però, visto che in un racconto che dovrebbe essere ambientato attorno al 1930, ma con digressioni nel passato ci caccia parole come foulard (e non ve n'era una italiana, che so, velo?) e peggio del peggio "stock di racconti". Ma stiamo scherzando?
Mi ricorda per alcuni aspetti un altro "Libro del mese" del Club di lettura Il naso nei libri, ovvero El especialista de Barcelona di Busi. Anche in quel caso una grande capacità di uso della parola o di scrivere a servizio della totale mancanza di una storia da raccontare, ma almeno Busi era simpatico.

 Maria Grazia **
Ci sono libri che andrebbero letti una sola volta, per conservare intatta la magia della scoperta di una narrazione diversa da quella normalmente sperimentata, perché la storia continui a scintillare intatta nella memoria, senza che la ripetizione di una narrazione conosciuta la faccia scivolare in secondo piano rispetto al modo in cui è narrata.
Questo è quanto mi è successo rileggendo a moltissimi anni di distanza Creatura di sabbia.
L'eccesso di parole si è mangiato la storia, che pure trovavo e trovo ancora bellissima e originale, l'ha messa sullo sfondo, e ha dato spazio alla noia.

Daniela gli da ** e sintetizza: Lirico, fiabesco, noioso, ma perché lo hanno decantato così tanto?
Eh, già. Perché?
Nell’impossibilità di effettuare una vera e propria estrazione, a maggioranza abbiamo deciso di scegliere per il prossimo mese il libro di Rita che previdentemente aveva già indicato a Daniela titolo e autore. 


Ecco che il 9 settembre parleremo di La strada celeste di Xinran. Sede da definire.

Cristina

P.S. Grazie Cristina per questa puntuale ed esaustiva recensione dell'incontro. La torta che avevo preparato per la serata me la sono mangiata io insieme a marito e figli ma avrei volentieri assaggiato la pasta fredda di Daniela e le altre leccornie e goduto della vostra compagnia. 
Per la prossima volta direi che possiamo ritornare alla "nostra" trattoria, continuando però a cercare un altro posto più silenzioso e tranquillo. 
Ci aggiorniamo su Anobii. A presto.

Francesca 

sabato 19 luglio 2014

Qualcuno l'ha letto???

E' la prima volta che ci incontriamo per discutere di un romanzo che nessuno ha letto.
Nemmeno Busi ci aveva messo così tanto alla prova!
Mi dispiace caro Gibson, ma il tuo Guerreros ha indotto tutti, o quasi, a interrompere la lettura o a non cominciarla neppure. Solo Gonza e Maria Grazia da Berlino lo hanno letto, la prima ha tutta la mia ammirazione, la seconda... Grrrrr... lei lo ha proposto (e se non sbaglio su Anobii ha dato a questo romanzo solo 3 stelline!).
Credo che William Gibson non farà mai parte della lista degli autori che voglio scoprire!!!


Appena la troverò, inserirò la recensione di Gonza, giusto per non lasciare questo post senza scopo...
Ma allora, che cosa abbiamo fatto e di cosa abbiamo parlato martedì sera quando ci siamo incontrati??? Abbiamo parlato di libri, naturalmente, ma di altri, e poi di gatti e gattofili, di cani, di treni e di zanzare... Davanti ad un succulento e piccantissimo piatto di galletto allo spiedo con patatine, birra fresca, Coca Cola e Fanta (cito delle marche... come Gibson!!!) abbiamo trascorso comunque una piacevolissima serata! Grazie ancora a Daniela per averci aperto le porte della sua meravigliosa casa.
Presenti alla serata Daniela (la padrona di casa), Cristina, Stefania, Marilaura, Monica ed io (Francesca).
Un post atipico... una recensione che non è una recensione. Sul libro posso solo dire che non è piaciuto praticamente a nessuno dei presenti, almeno di quelli che l'avevano cominciato.
Io personalmente l'ho abbandonato a pag. 32. La vita è troppo breve per perdere tempo con brutti romanzi. Ci sono talmente tanti libri stupendi  da leggere e autori più interessanti...
Cristina dichiara di averne letto circa il 25% e poi ha mollato. Di tutte  noi è stata la più tenace.

2 agosto: aggiungo le recensioni delle due berlinesi, Maria Grazia e Gonza. Loro il romanzo l'hanno terminato ma i commenti non sono esaltanti. Confermo quindi l'impressione di non essermi persa un gran che.

 Maria Grazia gli da 3 stelline
Classico esempio di libro ben scritto ma scarsino dal punto di vista ispirazione. Una storia del dopobomba, e per dopobomba qui si intende il post 11 settembre, com personaggi sopra le righe e Guerreros, vale a dire gli Orixà Cubani.
La trama è debole e i colpi di scena non sono altro che espedienti narrativi per tenere in piadi la storia.
Gibson ci ha abituato meglio.

Gonza 2 stelline
Il primo libro di questa serie mi era piaciuto molto molto di piú, sia per come era scritto, sia per i personaggi che mi erano sembrati decisamente molto piú affascinanti di questa accozzaglia di persone, le cui storie restano parzialmente slegate quasi fino alla fine e che tutto sommato non erano nemmeno particolarmente interessanti.

Ma passiamo ad altro.
Abbiamo terminato il giro di estrazioni. Monica è stata l'ultima. Il libro che propone per il prossimo incontro è CREATURA DI SABBIA di Tahar Ben Jelloun.


Al prossimo incontro ricominceremo le estrazioni dall'inizio.
Ci incontreremo ancora da Daniela (con settembre ritorneremo nella "nostra" osteria!) MARTEDI' 12 AGOSTO alle ore 19.45 circa!!!
A presto e BUONE LETTURE

Francesca

domenica 22 giugno 2014

La città dei ladri

Si può scrivere un libro su un avvenimento tragico come l’assedio di Leningrado durante la seconda Guerra Mondiale e farlo mescolando la tragedia allo humor? David Benioff con La città dei ladri ci prova sicuramente.  


 Dopo una breve premessa ambientata ai giorni nostri, che narra la genesi del volume e lascia sottintendere che il libro racconta la storia dei nonni dell’autore, si piomba direttamente in una Leningrado sotto assedio, ormai stremata e alla fame. Il protagonista, il diciasettenne Lev, viene beccato a depredare il cadavere di un tedesco e arrestato. In prigione incontra l’altrettanto giovane Kolya, un disertore, altro personaggio principale del racconto. Il giorno dopo ai due viene proposto un accordo: se troveranno la dozzina di uova necessaria per la torta nuziale della figlia del Generale che controlla la città potranno avere salva la vita.

La città dei ladri racconta proprio il viaggio di Lev e Kolya alla ricerca delle sfuggevoli uova, prima in Città e poi fuori, nella campagna russa coperta di neve. Il loro percorso, gli incontri che fanno, descrivono con precisione la tragedia di una città allo stremo dove, come spesso accade, il meglio e il peggio degli uomini percorrono a braccetto la stessa strada.                                                          Alcuni momenti leggeri e divertenti (il Gallo Ciccina!) rendono forse ancora più dolorosi quelli in cui invece si raccontano episodi tragici e crudeli.

Alla serata eravamo presenti in sei: Daniela (che ci ha ospitato nella sua bellissima casa), Marilaura, Rita, Monica, Stefania e la sottoscritta, Cristina. Assente purtroppo Francesca, bloccata a casa da un malanno. Data la mancanza di WiFi, assenti anche MariaGrazia e Cristina (aka Gonza Basta), da Berlino. Un peccato davvero, visto che il libro lo aveva proposto proprio Cristina.                             La discussione si è svolta davanti a sei belle pizze: causa campionati mondiali di calcio infatti la nostra solita sede era off limits. Il trasferimento però si è rivelato davvero provvidenziale. La casa di Daniela è accogliente, così come i suoi tanti animali: due allegri cagnoloni e cinque gatti giocherelloni. Una volta risolto il problema connessione sarà davvero tutto perfetto.

In generale il libro è piaciuto: unica critica severa da parte di Rita che ha trovato la trama leggera e il libro in alcune parti troppo violento e un poco volgare. Pur concordando (ci sono alcuni episodi davvero cruenti), abbiamo comunque tutte commentato che si tratta di un buon romanzo di formazione, con personaggi simpatici e realistici. Se dovessimo utilizzare un termine attuale questo romanzo potrebbe essere un ottimo Young Adult: forse non lo rileggeremo ma sicuramente potremmo consigliarlo a un pubblico giovane (ohibò, più giovanedi noi, almeno).                                               Di seguito le recensioni rintracciabili su Anobii e Goodreads:

MariaGrazia, 4*:

L'assedio nazista di Stalingrado, ovvero il momento in cui il corso della storia, che sembrava voler consegnare l'Europa al reich millenario, è cambiato.
L'eroismo di quella città martire, dei suoi abitanti indomiti, che ha insegnato di nuovo agli invasori una lezione evidentemente non ben compresa ai tempi di Napoleone. All'interno di questa cornice eroica c'è una storia piccola, per certi versi tragicomica, che mostra come persino all'interno di una città assediata e che muoredi fame c'è chi muore un po' di più e chi un po' di meno. Ed ecco che una improbabile coppia di eroi, un soldato disertore e un ragazzino beccato a saccheggiare un cadavere tedesco, viene mandata in missione per conto di un alto capo del partito, missione assurda e per certi versi un po' ignobile, che però permetterà ai due di mostrare di che pasta sono veramente fatti.        Tra tutti i personaggi emerge quello di Kolja, il soldato disertore, un autentico russo come se ne trovano nei romanzi di Tolstoj.                                                                                                       Avrebbe meritato cinque stelle, non fosse stato per qualche congiuntivo sbagliato di troppo nella traduzione italiana.

Cristina (aka Gonza Basta) 4*

Questo é veramente un bel libro, peccato perché fino all'ultimo ho sperato nella salvezza di tutti, ma era evidente che la storia aveva altri programmi.
Un ragazzo e un disertore attraversano le linee di assedio a San Pietroburgo (ai tempi Leningrado) per cercare 12 uova che faranno la torta di nozze di un generale russo. Detta cosí non sembra niente di
eccezionale, ma Kolya e Lev sono due di quei personaggi a cui spesso si torna a pensare.

Francesca (aka Cicabuma) 5*

Romanzo perfetto. Mi è piaciuto praticamente tutto: ambientazione,personaggi, storia, stile. Pur nella sua brevità, il romanzo è comunque ricchissimo di avvenimenti e colpi di scena. Inaspettato, sorprendente, avvincente. Era tanto tempo che non leggevo con tanto gusto.

Cristina 4*

In una continua alternanza di commedia e tragedia, il racconto segue la ricerca da parte del protagonista, Lev, e di quello che diventa il suo migliore amico, Kolja, di una dozzina di uova. Sono dodici uova da cui dipende la loro vita e trovarle sembra impossibile, perché siamo a Leningrado durante l'assedio della città da parte dei nazista durante la seconda guerra mondiale.
La scrittura di Benioff è semplice ed essenziale, e il tono allegro e ironico di alcune parti nulla toglie alla tragicità delle altre. Anzi, direi che la prima sottolinea la seconda rendendola ancora più realistica. La paura che permea ogni attimo in una città sotto assedio, la fame, gli espedienti, la solidarietà che tiene in vita la speranza, la crudeltà della guerra e l'orrore in cui si può incappare anche solo aprendo una porta invece di un'altra ci sono tutte,ma ci sono anche attimi in cui la tensione si scioglie e si può divertirsi leggendo dei continui battibecchi tra Lev e Kolja, diversi come il giorno e la notte, ma amici veri, anche se per poco, troppo poco.
Gli incontri si susseguono continui, buoni, cattivi, coraggiosi e vigliacchi, figure tragiche e comiche tutte contribuiscono a fornire il ritratto di Leningrado in cui si vive di terrore, ma non senza speranza nel futuro e in una vittoria contro un nemico che pare invincibile.
Il libro è, secondo me, davvero molto bello, ed ha il pregio di essere breve (forseè una mia impressione, ma ultimamente vedo in giro malloppazzi da cinquecento pagine minimo) e di scorrere veloce, ma di essere tutt'altro che superficiale. Unico appunto, la partita a scacchi che mi pare espediente già usato, e l'eccessiva ripetizione di riferimenti alle attività digestive o alla mancanza di
esse da parte di Kolja. Una, due volte è divertente. Tre è già troppe volte.

Daniela (aka Emilia) ha dato a La città dei ladri 4 stelline. Per
Marilaura e Monica era da 3*, voto di Rita non pervenuto ma credo fosse in negativo ^___^, e
Stefy? Beh, Stefania in altre letture affaccendata si è avvalsa della facoltà di non leggere il libro ma ha giurato e spergiurato che lo farà non appena possibile!

E ora il libro del prossimo mese: Guerreros di William Gibson.



Ci incontreremo martedì 15.07.2014, alle ore 20:00 a casa di Daniela.

Buone letture a tutti!

Cristina

lunedì 19 maggio 2014

L'ultima madre

Bellissimo Accabadora, davvero un bellissimo romanzo che io mi sento di consigliare a tutti.
La storia è raccontata con stile ed eleganza, i personaggi sono delineati con poche pennellate efficacissime e l'argomento centrale del romanzo, ossia l'eutanasia, per quanto assai difficile e controverso, è affrontato con sensibilità e delicatezza.


Brava Michela Murgia a raccontare una storia quasi senza tempo o sospesa nel tempo.
Ci racconta una Sardegna antica eppure vicina, dove la superstizione e la magia sono ancora presenti e vive, dove la presenza dell'Accabadora incute rispetto e timore allo stesso tempo. L'ultima madre, quella che con un gesto di estrema pietà, ti accompagna dall'altra parte, l'ultima di una lunga serie di madri e di padri che ti accompagnano per tutta la vita!
La brevità del romanzo può essere considerata sia un pregio che un difetto: pregio perchè ne ha certamente esaltato la scorrevolezza, difetto in quanto certe parti, certi rapporti, meritavano sicuramente un approfondimento, come il periodo torinese di Maria. Ho l'impressione che sia un po' buttato li, senza spiegare bene e senza approfondire niente. Un intervallo, un siparietto che nulla da e nulla toglie! 
Presenti alla serata, questa volta senza collegamento da Berlino, erano: Cristina, Stefania, Daniela, Marilaura, Rita, Io (Francesca) e per la prima volta Monica.
BENVENUTA MONICAAAAA!!!!

E come sempre vi riporto alcuni commenti lasciati su Anobii.
Cominciamo con il commento di Maria Grazia (OMbraluce):
Nelle comunità vere la venuta al mondo, la vita intera e la morte non sono eventi privati, ma manifestazioni della comunità stessa. La natura intrinseca di queste società è l'essere matriarcali, perché, a dispetto dell'apparente potere degli uomini, sono le donne la vera guida, le madri che accolgono la vita nascente e hanno dentro di sè la forza e la pietà di terminare una vita ormai finita, eppure sospesa per una dimenticanza della morte.
Prima lettura 22.10.2010 (4 stelle)


E adesso il commento di Cristina:
Lo stile di scrittura mi è piaciuto molto. Così come la definizione dei personaggi, efficace e affettuosa. Adoro quando l'autore riesce con poche pennellate a ricreare una vita e in questo romanzo breve, anzi brevissimo, la Murgia ci riesce e bene.
Su tutti ho amato Bonaria Urrai, l'Accabadora, una figura straordinaria di donna consapevole della sua storia e delle sue radici, responsabile e padrona, pure dolorosamente, della propria vita, del proprio ruolo e delle proprie scelte: se la letteratura italiana avesse più protagoniste così sarei una lettrice molto ma molto più felice.
La brevità del racconto consente allo stile (incisivo soprattutto all'inizio, poi un poco si perde) di rimanere piacevole fino alla fine. Certo, la stessa brevità non consente di approfondire alcuni aspetti che se affrontati (e affrontati bene) avrebbero reso questo piccolo libro un capolavoro. Ma forse l'autrice non voleva, o non è stata in grado, di portare il racconto alla sua logica conclusione lasciando al lettore il compito di rimuginare sulle scelte etiche che a Maria, la protagonista, vengono alla fine evitate, per un respiro.
Fosse rimasta in Sardegna la storia sarebbe stata straordinaria, ma ecco il passo falso, la fuga a Torino, la banalità totale degli avvenimenti sul continente, che abbassano il livello del libro a romanzo d'appendice, a storia da Grand Hotel e pure peggio, perchè se Maria si fosse innamorata del padrone di casa la banalità della storia sarebbe stata quasi perdonabile perchè di storie così è stata piena l'Italia delle tate e cameriere emigranti: banale ma vera. No, Maria intreccia una relazione sentimentale con il figlio - sedicenne - dei padroni di casa. E la Murgia, che mi sa che di rosa ne ha letti pure lei - a questo ragazzo non dà solo ormoni impazziti no, lo fornisce di tragico trauma infantile, banalizzando un tema come quello della pedofilia e della violenza sui bambini e riducendolo a mero mezzo narrativo, e neppure affrontato bene.
Per tirare fuori Maria da una situazione difficile ecco la notizia che Tzia Bonaria, l'accabadora, ha avuto un ictus e che per Maria è ora di tornare a casa, a pagare il proprio debito con la madre adottiva.
E finalmente la consapevolezza che davvero "Non dire mai: di quest'acqua io non ne bevo" perchè nella tinozza ti ci potresti trovare ad annegare.
La fine è proprio quella che ti aspetti, di nuovo un poco banale, un poco Grand Hotel, ma almeno il cerchio si chiude. (3 stelle)


E come di consueto vi segnalo il libro scelto per il prossimo incontro:
LA CITTA' DEI LADRI di David Benioff.
Il libro è stato scelto da Cristina, la berlinese, nome anobiiano Gonza!


Ci incontriamo sempre alla Trattoria al Torre (ma forse anche no!!!) MARTEDì 17 GIUGNO.
A tutti voi l'augurio di un mese pieno di bellissime e interessantissime letture.

Francesca

domenica 27 aprile 2014

Allargare le porte, prego!!!

E chi se lo aspettava che un rosa mi avrebbe sorpreso così tanto? Un rosa datato, oltretutto!
Nonostante stia attraversando un periodo di "non lettura", periodo che per il momento non accenna a scemare, ho letto con piacere questo romanzo.
Presenti in carne ed ossa alla serata:  io, Cristina, Stefania e Daniela e da Berlino, collegati via Skype, Maria Grazia e la new entry Cristina.
I problemi di connessione sono stati davvero molti, questa volta. L'audio andava e veniva e l'ascolto è stato davvero difficoltoso.



"Il figlio del diavolo", romanzo di Georgette Heyer, è più un testo teatrale che un romanzo. I dialoghi sono serratissima, le ambientazioni tutte in interni. Ho avuto quasi l'impressione di leggere una  moderna sceneggiatura per un film che un romanzo scritto nel 1932.
L'unica cosa che manca, forse, è la storia d'Amore. Al di la del ritmo, dei dialoghi, dei colpi di scena, delle gags dell'inedita coppia comica Duchessa-Zio Rupert, delle rincorse e degli equivoci ciò che non sento è la nascita e la maturazione di una storia romantica.
I protagonisti, inoltre, mi sembrano poco credibili: lui è assolutamente insopportabile (uomo che io eviterei come la peste) mentre lei è scialba e insignificante.
Meno male che i romanzi rosa terminano sempre con un fidanzamento o con un matrimonio, nulla dicendo del dopo. In questo caso credo proprio che la dolce e sbiadita Mary dovrà far allargare tutte le porte della sua futura dimora se vorrà passare. Ma te lo immagini il palco di corna che le farà quel donnaiolo impetinente del bel Dominic?  
 
E adesso un po' di commenti dei partecipanti.
Cominciamo con Cristina, la nostra espertona del genere rosa.

Niente sesso siamo inglesi! Ma quanto siamo romantici! 
E che ve sto a dì: uno dei miei libri rosa preferiti di tutti i tempi. Non so se sia il primo, ma Vidal è sicuramente uno dei primi "cattivi ragazzi" della letteratura rosa, tutto ringhi e grosse abbaiate per poi trasformarsi a tempo record in un adorabile cucciolo innamorato nelle mani di Mary, altra epitome dell'eroina classica: non bellissima ma piena di buone qualità e con una capacità sorprendente di prendere decisioni idiote. Come dire, la classica eroina con molti tratti della TSTL (Too stupid to live).  La motivazione per cui pensi, razionalmente, di poter sostituire la sorella salvando capra (detta sorella) e cavoli (il proprio e altrui onore, diciamo così) è privo di raziocinio, ma del resto ogni eroica eroina che si rispetti in realtà è una stronza in attesa di colpire basso per avere il proprio eroe nelle proprie grinfie. Persino più stupida la ragione per cui accetta le proposte di nozze del buon Comyn: amo troppo Vidal per rovinarlo costringendolo al matrimonio con me è una ragione dall'idiozia così profonda e totale da essere persino commovente. Eppure l'ironia, l'allegria, il tratto affettuoso con cui la Heyer muove i suoi protagonisti, siano essi principali o comparse, in questa sua piece così teatrale che non riesco a fare a meno di immaginare il sipario che si alza su di loro e il regista che grida: pubblico in sala, sono secondo me impagabili, e hanno conquistato il mio cuore di lettrice ora e per sempre.
Su tutti il personaggio di Rupert, magnificamene spassoso, e la scena in cui il valletto di Vidal fa la disamina di tutti i suoi precedenti datori di lavoro, tutti a suo dire mancanti di qualcosa, da quello con le gambette a stecchino a quello con collo corto e tozzo: mi sono ritrovata spesso a ridacchiare da sola. Profondità pari a zero, ambientazione in una Francia che non c'è, e non c'è mai stata, persino meno approfondita, ma tanto divertimento e tanto romanticismo ne fanno una storiella adorabile e fresca che si legge con piacere ancora oggi, a quasi un secolo di distanza, il che ci pone di fronte a un dilemma: ma è tanto cambiata la lettrice di rosa? Siamo davvero così poco cambiate in questo periodo? Perché a parte le badilate di sesso ridondante, e qualche frustino e manetta in più, non molto separa Mary e Vidal dai protagonisti di 50 sfumature di Grigio: è sempre la storia di quella insignificante che si piglia il figo riccone. Come dire, se ce l'ha fatta lei!


E qui di seguito il commento di Stefania:

Devo dire che ero parecchio prevenuta: un rosa, ambientato nella frivola società inglese di fine '700, che dicevano in stile Jane Austen era abbastanza per farmi scappare a disintossicarmi con un bel libro di fantascienza stile Asimov. Il fatto che nelle prime 3 pagine si capisse subito chi si sarebbe innamorato di chi a fine libro non mi ha disposta meglio. Pero' non so, sara' stata l'eroina in cui era facile identificarsi (a parte il fatto di essersi innamorata di un viziato aspirante assassino) o il ritmo serrato dell'ultima parte ma mi sono goduta il libro fino in fondo. Scivolatona melensa sul bacio fra i protagonisti ma che ci si puo' fare... sempre un rosa e'.

Ed ecco il libro per il prossimo incontro:
ACCABADORA di Michela Murgia.






Ci vediamo MARTEDI' 13 MAGGIO!!!

BUONE LETTURE
Francesca





domenica 16 marzo 2014

La Società della Torta di Patate

Guernsey è il nome di un'isola del Canale della Manica, un'isola inglese che durante la Seconda Guerra Mondiale è stata occupata dai tedeschi, così come tutte le altre isole al largo della costa francese. Confesso, non lo sapevo! Credevo che il territorio inglese fosse rimasto assolutamente inviolato dall'esercito del Terzo Reich!
Gli abitanti dell'isola sono rimasti sotto il controllo nazista per ben cinque anni, durante i quali hanno dovuto sopportare controlli, coprifuoco, deportazioni e verso la fine del conflitto, anche fame e stenti.
"La Società Letteraria di Guernsey" è un romanzo epistolare, delizioso, ironico e divertente che racconta la storia di un gruppo di persone di Guernsey che, per giustificare una uscita oltre l'orario del coprifuoco, si inventa una fantomatica Società Letteraria quando invece si erano incontrati per mangiarsi un maiale arrosto assolutamente vietato dalle autorità tedesche!
Nata come scusa, la Società letteraria diventa poi una realtà, essendo costretti a reggere il gioco.
Vi partecipano personaggi anche improbabili, persone che in vita loro non avevano mai letto un libro, a parte forse i manuali di orticoltura o allevamento di pecore! E Marilaura, giustamente, ha sollevato un dubbio: come è possibile che una persona che non ha mai letto nulla in vita sua, possa poi di punto in bianco leggere Ovidio e innamorarsene a tal punto da non voler leggere null'altro?
Attraverso una serie di lettere e telegrammi, a volte anche assai divertenti, si affrontano temi difficili e storie di dolore (come quella dell'eroica Elisabeth, forse la vera protagonista della storia).
Unico romanzo di Mary Ann Shaffer, ha sicuramente il merito di saper affrontare con leggerezza ed eleganza, temi assai dolorosi della nostra storia recente.



Presenti alla serata: Cristina, Daniela, Stefania, Marilaura e Francesca. Collegata via Skype da Berlino, Maria Grazia.

Vi trascrivo i commenti che alcuni dei partecipanti alla serata hanno scritto su Anobii.
Cominciamo con il commento dell' ipercritica Cristina (ma non ti va mai bene niente?????)

Sono perplessa.
Carino è carino, sia chiaro: pieno di buoni sentimenti (e anche di qualcuno cattivo), di storie edificanti, a volte anche divertente nonostante descriva un periodo, il poste WWII, per nulla facile o piacevole. I particolari agghiaccianti della dominazione nazista sulle isole del Canale non sono lesinati nè nascosti, e c'è anche un tentativo di non prendere posizione (non tutti i tedeschi sono cattivi, non tutti gli inglesi sono buoni) pur nella descrizione della devastazione che è seguita al secondo conflitto mondiale.
Tuttavia secondo me sul suo tentativo "resta corto". Non so, mi sembra che manchi l'obiettivo principale, che non approfondisca mai, che nonostante tutti gli sforzi resti sempre e comunque una graziosa favoletta epistolare, ma senza sostanza.
(DUE STELLE)

Più positivo il commento di Stefania:

Si tratta di un romanzo epistolare in parte ambientato a Guernsey, un'isoletta nel canale della Manica vicina alla Normandia ma che fa capo alla Gran Bretagna. Durante la seconda guerra mondiale fu occupata dai nazisti. Il romanzo intreccia la storia di una giovane scrittrice, donna indipendente e appassionata di libri, con quella degli abitanti dell'isola e la loro società letteraria. La società letteraria "torta di patate" è nata per caso, come scusa presso i nazisti per aver violato il coprifuoco, ma diventa per tutti uno spunto per un'importante crescita spirituale. Mi spiace non poter leggere altro di Mary Ann Shaffer, perché quest'autrice mi piace ed è bello l'amore per i libri e la cultura che traspare da queste pagine. Purtroppo è il suo unico libro, finito tra l'altro da una nipote per una grave malattia dell'autrice, morta poco tempo dopo. (QUATTRO STELLE)

Non ho trovato su Anobii il commento di Maria Grazia, ma immagino che tra trasferimento, ricerca della casa, trasloco e altro abbia avuto poco tempo per lasciare i commenti dei libri letti!

Infine, ecco il libro estratto per la prossima volta:
IL FIGLIO DEL DIAVOLO di Georgette Heyer.
Un romanzo rosa da chi poteva essere proposto se non dalla nostra Cristina?


Prossimo appuntamento: MARTEDI' 8 APRILE, presso la Trattoria al Torre di Via Cividale, alle ore 20.00.
A presto

Francesca

 









domenica 9 febbraio 2014

La casa dei quattro venti

Chiedo venia per il ritardo con cui pubblico questo post, ma quella appena trascorsa è stata una settimana faticosa e impegnativa e non sono riuscita prima di adesso ad avere il tempo e la concentrazione necessarie per scrivere questo articolo.
Oltretutto, visto che a casa mia la connessione a Internet avviene attraverso la chiavetta, me la devo contendere con mia figlia e mio figlio, entrambi adolescenti e quindi vi lascio immaginare la fatica che faccio per conquistarla per poche ore!!!
Comunque, tralasciando le mie vicissitudini da povera navigatrice del web, passiamo al resoconto della serata del 4 febbraio.

Mi sono ricordata di portare le casse del computer, quindi l'audio del collegamento con Berlino era abbastanza buono. L'unico inconveniente è stato il segnale, che andava e veniva.
Sentire la voce di Maria Grazia è stato strano. Sarà che non sono abituata a Skype ma ho trovato la cosa abbastanza surreale e certo non agevole.
Se si potesse trovare un posto più silenzioso... Non rinuncio all'idea di trovare un locale con connessione internet che abbia una saletta appartata solo per noi.

Presenti alla serata: Cristina, Daniela, Stefania, Marilaura, Rita, Francesca e collegata via Skype Maria Grazia.
Al gruppo si sono unite altre due persone, Chiara e Cristina, lettrici onnivore semprer da Berlino, ma non abbiamo avuto il piacere di sentire le loro voci perchè quella sera avevano altri impegni. Speriamo per laprossima volta.

Ma passiamo al libro: La casa dei quattro venti di Elif Shafak.


Intanto qualche notizia biografica sull'autrice.
Elif Shafak nasce a Strasburgo nel 1971 e vive la sua gioventù in Spagna prima di far rientro presso la famiglia natale in Turchia, dove diventa un’apprezzata accademica e una brillante scrittrice. Appassionata, sensibile, anticonformista, è sposata con un impegnato giornalista turco, dal quale è spesso costretta a vivere lontana, insegnando storia mediorientale all'Università di Tucson, in Arizona, mentre il marito lavora a Istanbul come caporedattore del quotidiano economico Referens.
Elif è una donna coraggiosa e ottimista, che ha dovuto affrontare un duro processo con la richiesta di una condanna a tre anni di prigione per aver "offeso il buon nome della Turchia", accusa giudiziaria che ha accomunato decine di intellettuali, a cominciare dal premio Nobel Orhan Pamuk, tutti minacciati di morte dagli estremisti nazionalisti.
L’oltraggio di Elif è quello di aver scritto un romanzo, La bastarda di Istanbul, che narra la storia struggente di due famiglie parallele: da una parte i nipoti di sopravvissuti al genocidio degli armeni, perpetrato dai nazionalisti turchi negli anni della Prima Guerra Mondiale; dall'altra il tentativo di cancellare, anche fra le mura domestiche, qualsiasi traccia di quel massacro, persino del suo semplice dubbio. Nell'inarrestabile infarto emotivo, si fa strada il desiderio di conoscere la verità, qualunque essa sia.
Amica di Pamuk e dello scrittore turco-armeno Hrant Dink, assassinato a Istanbul nel gennaio 2007, Elif rimane in prima fila nel chiedere l'abolizione del famigerato art. 301 del codice penale turco, che impedisce la libertà di espressione in Turchia. In compenso il suo romanzo, elogiato dalla stampa e dagli altri mass media del Paese, ha venduto in pochi mesi cinquantamila copie.

Il romanzo che abbiamo letto insieme tutto sommato è piaciuto.
Lo stile asciutto, scorrevole, semplice rende il testo assai piacevole da leggere e la storia narrata è indubbiamente interessante anche se presenta alcune ingenuità, alcuni personaggi che sono stereotipi, alcune circostanze che ne fanno quasi una storia fiabesca.
Honour è il titolo originale del romanzo e infatti la parola Onore ricorre in continuazione. Ma quale Onore? Quello imposto da una tradizione maschilista e distorta o quello dettato dai sentimenti, dal nostro dovere di essere felici? La risposta è ovvia!
Ma vi riporto i commenti che abbiamo scritto su Anobii, sicuramente più eloquenti di quello che posso scrivere io sola su questo romanzo che, tutto sommato, non mi ha lasciato niente se non un'immensa tristezza.

Commento di Maria Grazia
Passo da anni molto del mio tempo a chiedermi perché per la maggior parte degli uomini, intere culture e molti che di quelle culture non fanno parte, la capacità di camminare a testa alta non risieda in se stessi ma nel vessare le proprie donne imponendo loro codici di comportamento degradanti. Come se, data per assodata la propria inferiorità spirituale, potessero sopravvivere solo imponendo alle donne una ancora maggiore inferiorità, spirituale e fisica.
D'altra parte gli uomini sono figli delle donne, che quindi non sono esenti da colpe, soprattutto quando invece di sollevarsi a vicenda diventano complici della perversione maschile e privano altre donne della loro crescita spirituale, della felicità, e in fin dei conti della vita.
Questo scontro tra sessi, più che tra culture, è a parer mio la linea conduttrice di questo libro, che per altri versi contiene un certo numero di stereotipi (le gemelle, il carcerato maestro di vita, la ballerina russa, e via steretipando). 


Commento di Stefania
mi e' piaciuto... abbastanza. Direi tre stelle e mezzo. Segue la moda degli ultimi romanzi: scrivo un pezzo dal punto di vista di un personaggio, ti mollo sul più bello, passo a un altro personaggio, anche li' ti mollo, passo a un altro ancora... non so: iniziano a sembrarmi fatti tutti con lo stampino! A tratti e bello, a tratti e' un po' scontato. Abbastanza improbabile il pezzo in cui la gemella "a rovescio" viene in visita in Inghilterra giusto in tempo per farsi ammazzare dal nipote... che la ammazza proprio perché essendo a rovescio ha il cuore dalla parte sbagliata. Bella e poetica la storia dell'ultimo figlio innamorato dei punk. Si intravede il problema del gap generazionale dei figli degli immigrati, ma sarebbe interessante svilupparlo di piu' soprattutto con la figura della figlia.

Commento di Cristina
La versione inglese si intitola Honour (o Iskender, l'ho trovato anche così). Mi chiedo che cosa nel titolo originale andasse storto ai fini pensatori della casa editrice, forse che colpiva un pochino troppo vicino a casa?

Comunque sia (e considerato che di simili misteri pullula l'editoria italiana) inutile a starci a pensare sopra: è un bel libro. Se qualcuno fosse interessato è facilmente leggibile anche in inglese, cosa che ho fatto in parallelo. La narrazione non è cronologica e ci sono molti spostamenti di tempo e di luogo, il che rende meno agevole ma non meno piacevole la lettura. Certo alcune storie hanno il loro epilogo ben dopo che sono iniziate nel testo, ma tutte hanno una loro conclusione anche se purtroppo spesso tragica, soprattutto per le donne.
La storia segue il percorso di vita di due gemelle apparentemente identiche Jamila e Pembe, e quella dei tre figli di Pembe, ormai immigrata in Inghilterra negli anni 70.
Apparentemente una storia familiare, di fatto il racconto parla di destino, di emigrazione e di integrazione (mancata). Ci parla anche e soprattutto di donne: Jamila, Pembe, Esma, Tobiko, Katie, sono tutte uno spicchio della realtà femminile del periodo, tra tradizione e rivendicazioni, tra amore e dovere, tra destino e sacrificio.
La storia ci pone di fronte a una serie di dilemmi culturali e etici, per molti aspetti estremamente attuali (per noi italiani, almeno, che ora come ora ci troviamo dall'altra parte della barricata culturale), ovvero se sia possibile sfuggire alle proprie tradizioni pur vivendo in paesi stranieri, essendo cresciuti in un paese che per cultura, usi, costumi è lontano anni luce da quello in cui sono nati i tuoi genitori; Quanto è giusto (o no), abbandonare quello che si era e sacrificare la propria cultura alla necessità di adeguarsi, ammesso sia possibile farlo? E dall'altro lato, quanto è possibile accogliere una diversa cultura, adattarsi a essa, senza perdercisi?
Nel libro (che pure mantiene un punto di vista che almeno secondo me resta abbastanza esterno alla narrazione ed è quindi, per quanto possibile, imparziale) la risposta è no, non si può sfuggire alla propria cultura, alle proprie radici. Non ci riesce Pembe, non ci riesce Jamila, incolpevole vittima sacrificale, non ci riesce Iskender, non ci riesce quasi nessuno dei vari personaggi, in alcuni casi perchè non vogliono, in altri perchè non possono. Con i tragici risultati che ne conseguono, magari non voluti, magari esasperati, ma che nessuno riesce (o vuole veramente) evitare.
Un bel libro, dicevo, ma ha almeno due cose che non mi sono piaciute:
Lo scambio delle gemelle e il compagno di cella zen di Iskender mi sanno molto di soap opera, sono quasi banali in un libro che banale non è.
Quasi tutti i personaggi maschili di origine mediorientale fanno schifo: Sono maschilisti, sciovinisti, traditori, violenti, chi più ne ha più ne metta, in una divisione manichea da cui si salvano in pochissimi, di fatto solo quelli che si sono integrati. Tanto per dire, persino quelli che si incontrano per caso per strada hanno cattive intenzioni e sono brutti sporchi e cattivi.

Del resto il poco amore dell'autrice per i suoi uomini si vede nel trattamento finale riservato a Iskender. Gli viene negata la possibilità di chiedere perdono alla madre, che muore "per la seconda volta" proprio a ridosso del suo rilascio.
Ennesima crudele svolta di un destino che si è fatto beffa spesso e volentieri dei personaggi di questa storia.


E per finire il mio commento
Nella scelta delle stelline sono rimasta a lungo indecisa se darne tre o quattro. Un bel romanzo è un'altra cosa, ma non è nemmeno "così così"! Alla fine ho optato per quattro, ma con riserva.
Il romanzo è scorrevole e ben scritto ma la storia non mi ha sorpreso. A metà libro avevo già intuito quasi tutto.
E' un romanzo triste, dove mai o quasi mai vengono citate le parole felicità, amore e realizzazione, ma sempre la parola "onore".
Parliamo ancora di donne, donne che non possono nemmeno sognare perchè anche i sogni sono peccaminosi. Gli uomini fanno invece quello che vogliono, per loro l'onore non conta? Possono abbandonare la famiglia per una ballerina bulgara che si fa passare per russa, possono mettere incinta una ragazzina di 16 anni e gironzolare per la città con una gang di adolescenti, anche da bambini possono frequentare chi gli pare e come gli pare. Per loro la parola onore ha un altro significato.
E' la storia del desiderio di integrarsi che si scontra con la propria cultura e le donne, che avrebbero maggiore tolleranza e maggiore pazienza per poterlo fare e insegnarlo ai loro figli, sono costrette ad una vita a metà, spesso non imparano nemmeno la lingua del paese che le accoglie. Vivono una vita ai margini, non sono ne' di qua e ne' di la!
Romanzo triste ma che si apre ad una speranza, ad un riscatto anche se poco convincente. 



Al termine della discussione abbiamo estratto il libro per la prossima volta.
Avevo da pochissime ore inserito nella borsettina i titoli scelti dalle nuove amiche del gruppo, Chiara e Cristina, ed ecco che proprio un romanzo proposto da una di loro, Chiara, viene estratto.





LA SOCIETA' LETTERARIA DI GUERNSEY di Mary Ann Shaffer.

Il prossimo incontro è fissato per MARTEDI' 11 MARZO, alle ore 20.00, sempre presso la Trattoria al Torre di Via Cividale.
A presto e buona lettura a tutti

Francesca

giovedì 16 gennaio 2014

Troppo nero, troppo bianco

L'altalenarsi climatico di questo inizio 2014 comincia a mietere vittime, così alla
prima riunione di questo 2014 Francesca non  è potuta venire.
Ecco quindi che il primo resoconto dell'anno arriva dritto dritto dalla tastiera di
Cristina.
Spero di cavarmela con l'onore delle armi, anche se ammetto che questo tipo di
interventi non  il mio forte.
Cosa volete, per deformazione professionale mi viene da iniziare così:
alla riunione di martedì 14 gennaio 2014, ore 20.00, erano presenti i sigg.ri
Stefania (SteGent), Cristina, Marilaura, Rita, Daniela (emilia), Dino (Khatun) e il
giovanissimo Matteo, figlio di Dino. Assente giustificata: Francesca (Cicabuma).
Presente via skype Maria Grazia (Ombraluce), da Berlino.
La riunione  è stata indetta per discutere del libro del mese:  CATE, IO  di tal Matteo
Cellini. Dell'autore si sa solo che è nato nel 1978 e che il libro è la sua opera
prima. A nessuno di noi è venuto in mente di cercare ulteriori informazioni
sull'autore, e se tanto mi da tanto mi sa che questo è un indizio piuttosto
importante di quello che è stato il nostro giudizio complessivo del libro.




Il libro, narrato in prima persona, è il racconto di un breve ma significativo
periodo della vita di Caterina, una diciasettenne obesa e complessata.
Cate è nata in una famiglia di obesi: lo sono il padre, la madre ed entrambi i fratelli. Tutti
tranne la nonna.
Pur avendo una famiglia affettuosa e unita Cate soffre moltissimo della sua
condizione che la porta a considerarsi una non-persona, quindi inferiore rispetto
a tutti gli altri, che invece sono persone a pieno titolo. Per sopravvivere si
ammanta di una corazza che la isola dal mondo, ma che non la protegge affatto.
Unico vero rapporto di Cate quello con la sua insegnante, ma il tradimento di
questa porta Cate a compiere un gesto estremo, che le cambia la vita.

Il giudizio sul libro è stato più o meno unanime, con solo un paio di eccezioni per
quanto riguarda lo stile dell'autore, che a me è piaciuto mentre non è piaciuto
per nulla a Marilaura e Daniela (e nemmeno a Francesca, vedasi la sua
recensione). A fare una media dei giudizi espressi il libro si aggiudica 3, massimo
3 stelline e mezza, il che lo porta ad essere abbastanza carino ma certo non
memorabile. La critica principale (a parte lo stile di cui sopra) è stata rivolta alla
divisione manichea tra il prima e il dopo il gesto di Cate: tanto il racconto è
negativo prima, tanto è positivo dopo, con una virata buonista che non è
credibile in quanto non  basata su una crescita del personaggio. Realisticamente
un cambiamento come quello di Cate richiede anni di analisi e il supporto di un
aiuto professionale che lavori su di lei e sulla famiglia nel complesso, ma è una
storia, non vita vera, e un lieto fine non si dovrebbe negare mai a nessuno.
Ecco di seguito le recensioni di Cristina, Stefania, Francesca e Mariagrazia:


Stefania - SteGent (4 stelline)

Il libro è una specie di diario di una adolescente obesa. Raccontato in prima
persona, ci parla della vita quotidiana di Caterina. Caterina  intelligentissima,
bravissima a scuola, sensibile ma complessatissima per la sua obesità. Vive tutto in
funzione di questo, sentendosi perennemente presa in giro e rifiutata dagli altri.
Qualsiasi segno di amicizia viene ignorato o attribuito alla pietà, qualsiasi risata
sussurro viene considerato una presa in giro e quindi un attacco alla sua persona.
L'unica amica che ha, che lei soprannomina "Anna l'annoievole" viene
perennemente bistrattata da Caterina, che la disprezza. Caterina sta bene solo a
casa, in cui tutti - tranne la nonna - sono obesi, e quindi accettati e considerati
vittime. Il mondo di Caterina inizia a scricchiolare quando scopre che suo fratello
non accetta affatto il ruolo da vittima ma ha una vita normale.



Cristina (4 stelline):

Le quattro stelline (non piene, sarebbe più da 3 e 1/2) sono dovute alla scrittura
che ho trovato piacevolmente scorrevole, non priva di ironia e di ritmo.
Ma la storia raccontata mi è sembrata sempre leggermente fuori asse: troppo
negativa prima, troppo buonista dopo.
E il personaggio di Caterina, detto da una che è cicciona pure lei, e che da cicciona
ci ha superato l'adolescenza, è davvero troppo egocentrico e chiuso in se stesso e
negativo, tanto da essere sgradevole.
Ok, idioti che ti prenderanno in giro ce ne saranno sempre, ma lo fanno anche se sei
magro, intelligente, tonto, ecc. ecc.. Gli imbecilli un motivo per prendere in giro gli
altri lo trovano sempre, e non è tutto il mondo  così.
Meno di tutto ho capito la costante critica di Cate verso i genitori che pure si
amano e la amano, e la negatività che vorrebbe gettare sul fratellino in modo che
pure lui si corazzi contro il mondo. Solo che la corazza di Cate non la protegge
davvero (e quante pippe mentali che si fa sta ragazza) e le fa perdere tutte le cose
belle che invece potrebbe avere. Fortuna che tutti dicono quanto sia intelligente!


Francesca - Cicabuma (tre stelline)

Sono stata tentata più di una volta di chiudere il libro e metterci una pietra sopra.
L'autocommiserazione della protagonista mi irritava, così come la sua cecità.
Intelligente, studiosa, obesa ma bella ugualmente, con tanti amici sinceri e una
famiglia che la circonda di affetto... ma lei è talmente concentrata sulla sua
eccezionale fisicità da non rendersi conto di tutto questo. 
L'autore poi ha uno stile che non mi prende: certe frasi ricercate, certi passaggi
ridondanti alla lunga stancano. 
Sul finale recupera ma resta comunque un romanzo piuttosto deludente. Tre stelle
sono troppe, due troppo poche.



MariaGrazia - Ombraluce (3 stelline)

Sarebbero 3 stelline e mezzo, ma siccome anobii non ama le mezze misure, e 4
sarebbe eccessivo... 
Dunque, la storia è carina e commovente, Cate è una ragazza obesa che fa parte di
una famiglia di obesi, e che si è costruita una corazza per proteggersi dal mondo,
una corazza così stretta, con un paraocchi talmente chiuso, da non vedere proprio
nulla se non se stessa. 
Tutto giusto  tutto vero, noi ragazze sovrappeso abbiamo conosciuto molto dei
tormenti di Cate, se non che il libro è in bianco e nero. 
Troppo nero prima, troppo bianco dopo, e questo genera, in noi ragazze
sovrappeso che nel frattempo siamo diventate donne in sovrappeso (e che
benediciamo la nostra ciccetta che ci protegge dai segni del tempo) un senso di
irrealtà.



Abbiamo poi parlato rapidamente dei libri che ci siamo scambiati prima di
Natale, che sono stati letti e apprezzati, e della possibilità di trovare una nuova
sede più tranquilla o comunque con una saletta più isolata. Ciò faciliterebbe
anche i contatti con Maria Grazia (che ha peraltro annunciato di aver conosciuto
altre due lettrici onnivore a Berlino e che la prossima volta a connettersi con noi
saranno probabilmente in tre e non una sola). Che dire, abbiamo una succursale
all'estero! Ora la Germania, domani il mondo!

Il libro del prossimo mese  è LA CASA DEI QUATTRO VENTI di Alif Shafak, proposto da
Daniela (emilia).



Ci incontriamo martedì 4 febbraio alle ore 20,00, sempre presso la Trattoria al
Torre di Via Cividale.

A presto e buone letture a tutti.