mercoledì 13 aprile 2016

Giornate tranquille...

Siamo cresciuti con un enorme segreto in casa, un segreto del quale nessuno poteva dirci nulla. Cosa era accaduto a tua madre? E a tuo padre? Cosa era accaduto ai loro bambini e a tutti gli altri? Sentivamo che non sarebbe stato corretto domandarlo ai nostri genitori.  Così da una parte  non se ne parlava mai, dall'altra tutti sentivamo che in famiglia c'era un segreto, che era una  molto molto importante  e che non si poteva toccare.
Questo è l'incipit di una bella intervista a Lizzie Doron, autrice del libro che abbiamo discusso nella serata di martedì 12 aprile 2016.

Ci siamo riuniti, come ormai siamo soliti, a casa di Zaffira.
E' stata un'altra bellissima serata dedicata ai libri, allo scambio di idee, e al cibo. Non solo quello che ci ha preparato la nostra ospite, ma anche la squisita Sacher torte che ha preparato Claudio. Buonissima!
Eravamo di nuovo in sette: Marilaura, Rita, Stefania, Monica, Claudio, Cristina e Daniela che si è riunita al gruppo dopo un'assenza di qualche mese. Alla lettura si è unita anche Maria Grazia, la membra berlinese del gruppo, che ha mandato la sua recensione. La trovate, insieme alle altre, in calce a quest post.
Anche se il libro è stato scelto da Cristina dobbiamo proprio a Daniela, che per primo lo ha letto, il libro del mese, Giornate tranquille di Lizzie Doron.

Il libro è piaciuto più o meno a tutti, soprattutto perchè riesce a raccontare la Shoa in maniera originale, dolorosa ma non cruenta, e proprio per questo il racconto è particolarmente incisivo, e la sofferenza dei protagonisti  vera è palpabile. Il libro ha inoltre il pregio di parlare delle conseguenze dell'Olocausto, di come ha dovuto aggrapparsi alla vita chi dai campi di sterminio, dalla guerra, dalla mostruosità che è stato il nazismo, è uscito vivo, almeno all'apparenza, perchè molti, se non tutti i protagonisti di Giornate Tranquille, una qualche parte di se negli eventi che li hanno travolti la hanno persa. Per sempre.
La storia è narrata da Lea, sopravissuta alla guerra vivendo in una buca in circostanze che lei stessa non ricorda. Ricorda solo il proprio smarrimento e la propria paura. La perdita della propria famiglia è tanto più atroce proprio perchè Lea non la ricorda, non ricorda nessuno che l'abbia amata. Portata in Israele non si adatta alla vita nel Kibbutz così accetta di sposare Srulik, più anziano di lei di molti anni. Lo sposa perchè Lea, più di ogni altra cosa, desidera una famiglia: Da dove vieni? Mi domandò…. Non lo so, risposi. Lei capì subito e non chiese altro. Anch’io vengo da là, mi disse… Poi mi chiese cosa avessi intenzione di fare. Una famiglia, le dissi, voglio una famiglia.
Lea e Srulik hanno presto un figlio, ma dopo pochi anni l'uomo muore improvvisamente. Lea viene quindi accolta nel salone di parrucchiere di Zaytshik dove impara il mestiere di manicure e si innamora del suo datore di lavoro. Nel salone di Zaytshik passano tutti gli abitanti del quartiere, con le loro storie tragiche dato che ogni persona è una storia, una storia che nessuno vuole raccontare e nessuno vuole ascoltare.

Se il libro è più o meno piaciuto a tutti più controversa è la figura di Lea, che passa da essere un personaggio che pur spigoloso è molto bello (come per Daniela e Claudio) a essere la suocera infernale (Rita, Monica e Cristina).
Lettura comunque consigliata.

Il resto della serata è proseguito tra chiacchere, consigli letterari e scambi di opinioni. Una bella serata tra amici, insomma, come è ormai nostra abitudine e come speriamo duri ancora per molto altro tempo ancora.
Tel Aviv nel 1963
Ed ecco qui le recensioni su Giornate tranquille:
Maria Grazia, 3 stelline
E' la seconda volta in pochi giorni che mi capita in mano un libro che tratta un argomento che conosco poco, nonostante io abbia letto molto di quanto è stato scritto in merito al nazismo e alla Shoa, vale a dire il destino dei ragazzi e dei bambini, quasi tutti inesorabilmente orfani, emersi dall'orrore.
Non sapevo quindi che quasi tutti questi bambini e ragazzi vennero attivamente cercati da organizzazioni ebraiche, che li trasportarono nel nuovo stato di Israele, dando loro una casa e una famiglia nei kibbuz.
Le giovane Leale però non riesce ad adattarsi alla sua nuova vita, né nel kibbuz né dopo, non riesce mai ad uscire dalla buca nella quale ha trascorso gli anni della guerra, a capire il mondo, a osservare qualcosa al di fuori di se stessa. Persino le persone che dice di amare, non sono reali, perché ne ama la versione che si è costruita di loro. Non si renderà mai conto dell'omosessualità del parrucchiere che si prende cura di lei dopo la morte del marito, non accetterà il matrimonio del figlio con una donna diversa da quella che gli avrebbe scelto lei, persino della morte Lea ha una sua personale versione, persino la morte è per Lea un burattino da far muovere sullo sfondo delle storie fantastiche che lei stessa si racconta.
Libro ben scritto, ma senza alcun barlume di speranza.

Cristina, 3 stelline
Le tragedie raccontate in questo breve libro sono molte, ma la peggiore di tutte è l'incapacità della protagonista di uscire davvero dalla buca nella quale ha vissuto durente l'Olocausto e di aprire gli occhi alla realtà, che non riesce ad affrontare. Mai.
C'è un infinito dolore nelle storie narrate; in realtà dovrei dire suggerite perchè nessuna storia qui è davvero raccontata dato che
Qui da noi, ognuno è una storia, una storia che nessuno vuole raccontare e nessuno vuole ascoltare. Eppure alla fine la storia di ogni personaggio, anche se un pezzzo qui e un pezzo la, è raccontata o comunque si riesce a intuire e, anche se il testo è privo di particolari, risulta raggelante lo stesso.
Restano nel cuore un poco tutti, nella loro tragica umanità violata, ma su tutti ricordo Zaytshik, che non rivela mai se stesso a Lea perche lei non sopporterebbe la realtà, finendo vittima, di nuovo, di una violenza perpetrata inconsapevolmente proprio da chi lo amava ma non lo riconosceva. E' questa la tragedia vera di Lea, la sua incapacità di vedere, veramente, gli altri, anche chi crede di conoscere meglio. Così si nasconde dal dolore, ma anche dalla gioia.
E' un bel libro fino quasi alla fine. Purtroppo quando la storia si sposta dagli abitanti del quartiere alla sola Lea il libro perde lucidità e interesse, avvitandosi sugli sproloqui e le lamentele della protagonista che sempre di più somiglia alla Tipica Mamma Ebrea che viene favoleggiata il libri e film.
Alcune parti sono struggenti, ma altre sono davvero irritanti, rovinando un poco la lettura.

Daniela 4 stelline
Tranquillo, come il suo titolo, delicato, struggente.
Senza tanti giri di parole e descrizioni inutili racconta la vita di una donna e degli abitanti di un quartiere di Tel Aviv tutti sfuggiti all'Olocausto. Nessuno vuole raccontare la propria storia nel lager, ma tutti sanno quale è stata la rispettiva dolorosa sofferenza "tutti abbiamo bisogno di un angolo privato nella nostra vita".
Anche se il personaggio della protagonista non è molto bello, una donna che si appoggia costantemente a un uomo, la predominanza verso il figlio, la gelosia verso la nuora, ecc., come non comprendere i diversi abbandoni che ha subito, sempre nella sua vita, dalla famiglia, al marito, all'uomo che ha amato, al figlio che se ne va in America.
Il dolore che i diversi lutti le hanno causato non possono essere archiviati con un semplice: che donna fastidiosa!
Certo non è una persona amabile, ma il suo grido di dolore è troppo forte per essere messo da parte. Un libro davvero intenso. 
Monica 3 stelline 

Le giornate tranquille sono quelle vissute in un quartiere di Tel Aviv da un gruppo di persone che ruotano intorno al salone del parrucchiere Zaytshik e il suo sogno di trasferirsi in un lussuoso quartiere di Parigi ad acconciare le signore parigine. Invece, in un alternarsi di dolore e ironia, deve “occuparsi” dei suoi concittadini sopravvissuti alla Shoah.
Protagonista, fra tutti, Leale. Una donna che si porta alle spalle una terribile infanzia che non riesce a superare e di cui non vuole parlare. E’ difficile provare empatia per questa donna, innamoratissima di Zaytshik che però, come si scoprirà durante la lettura, non può amarla allo stesso modo. Così come del suo unico figlio che vive in America e che si è pure sposato una viziatissima Americana! E io non vorrei proprio averla come suocera, Leale!
La lettura di questo romanzo scorre via leggera, lieve; in contrapposizione con il dolore che emana il vissuto dei vari protagonisti perché dolori così grandi, non potranno mai scorrere via con leggerezza.



Libro del prossimo mese il corposo Tempo di seconda mano. La vita in Russia dopo il crollo del comunismo del Premio Nobel Svetlana Aleksievic.

Ci incontriamo martedì 17 maggio 2016, alle ore 20.00, direttamente a casa di Zaffira e, se il clima è propizio, prossima volta si chiacchiera sotto le stelle :). Ergo, visto che qui nessuno è più un ragazzino, portatevi la copertina di lana!