domenica 29 gennaio 2017

Il mio 2016 in libri... Cristina

L'idea di un "riassunto" del 2016 in libri l'ho rubata a Monica che ne ha fatto un post su Fb. Siccome I mediocri imitano, i geni copiano (frase di Pablo Picasso, pare, ma le fonti sono incerte) ecco la prima cavia, ovvero Cristina. E Monica? Eh, il post glie lo volevo rubare in toto, un bel copia incolla e zac, lavoro fatto. Ma mi pareva brutto, oltre che leggermente illegale, e allora ho pensato che la torchio per bene alla prossima riunione e poi la pubblico.

Cristina
Il mio anno in libri? Misero direi. Ho letto molto meno del solito, presa da una crisi di lettura che sinceramente mi assilla da qualche anno. Da una precedente fase di poca lettura sono uscita proprio partecipando al Club di lettura, che mi ha aperto orizzonti nuovi in un pianoro di letture davvero settoriali.
Ho sia un profilo Anobii che uno Goodreads e mi picco di commentare e votare tutto ciò che leggo quindi direi senza tema di smentita che il mio libro del 2016 è stato:
Il giardino delle nebbie notturne di Tan Twan Erg
Dopo aver terminato gli studi in legge a Cambridge e aver dedicato molti anni nel perseguire i criminali di guerra giapponesi, Yun Ling Teoh, a sua volta sopravvissuta a un brutale campo di concentramento, cerca rifugio tra le piantagioni nel nord della Malesia, dove ha trascorso la sua infanzia. Lì scopre l’esistenza di un giardino giapponese, Yugiri, il cui proprietario e creatore è l’enigmatico Aritomo, un tempo giardiniere dell’Imperatore del Giapponese e ora in esilio. Nonostante il suo odio per i giapponesi, Yun Ling tenta di assumere Aritomo perché realizzi un giardino a Kuala Lumpur, in memoria della sorella morta nel campo. Aritomo rifiuta, ma accetta Yun Ling come apprendista “fino all’arrivo dei monsoni”, momento in cui lei sarà in grado di disegnare un giardino da sola. Con il passare dei mesi, Yun Ling stabilisce inconsapevolmente un profondo legame con il suo “sensei” e la sua arte mentre, fuori dal giardino, giungono gli echi della guerriglia. Ma il Giardino è anche un luogo pieno di misteri, e ognuno di loro custodisce un segreto…

E' il mio unico 5 stelle dell'anno se si esclude Guida quasi galattica per volontari animalisti: Come sopravvivere e rimanere sani di mente di Fabiana Rosa e Progetto Quasi, ma per quanto sia un gran bel libretto lo ho adorato per motivi di cuore e non di lettura.
Come si diventa volontari? Quali sono le buone prassi da seguire e i comportamenti da evitare?
La penna ironica e irriverente di Fabiana Rosa, presidente di Progetto Quasi, ci conduce in una sorta di mondo parallelo, quello del volontariato animalista appunto, mettendo in luce tutto quel che di buono c'è e tutto quel che può e dev'essere migliorato. Da come scrivere un appello per un cane o un gatto in adozione, a come valutare i possibili adottanti, a come mettere le basi per avviare un'associazione e anche qualche storia a lieto fine, di quelle che aprono il cuore.
Una collezione dei suoi scritti migliori; una guida preziosa, completa e a tratti esilarante che si fa leggere tutta d'un fiato.


Per il resto ho dato alcune 4 stelle, molte tre e stroncato il resto.
Direi che nel 2016 non ho incrociato alcun libro che mi abbia colpito al cuore di lettrice, uno di quei libri che hanno difetti, gli altri snobbano ma tu ami oltre ogni ragionevole razionale ragione e questo mi manca parecchio, da brava lettrice emotiva.
Si, mi sono piaciuti Stoner e Ladri nella notte, letti per il Club,  e - sorprendentemente - Le quattro casalinghe di Tokyo che ho letto spinta dalla curiosità. Nonostante qualche delusione la maggior parte delle serie che seguo da anni si sono fortunatamente mantenute a un buon livello, e qualche bel libro l'ho letto grazie a recensioni lette di qua e di là o consigliata dagli altri membri del CLub o da amici ma nisba colpi di fulmine nel 2016.
Speriamo il 2017 sia migliore.

domenica 22 gennaio 2017

La bellezza delle cose fragili.


La bellezza delle cose fragili è il primo (e finora unico) libro di Taiye Selasi, scrittrice, fotografa ma anche sceneggiatrice e autrice di documentari; nata a Londra da genitori di origini ghanesi e nigeriane, vive tra Boston, New York, New Delhi, Roma. Parla infatti anche italiano, il che le ha permesso di diventare "giudice" in un reality dedicato alla scrittura andato in onda qualche anno fa con poco successo.
Il programma le ha comunque consentito di colpire l'attenzione del pubblico, sia per la competenza che per l'innegabile bellezza.
Il libro ha più di qualche aspetto autobiografico, a partire dalle figure del padre, ghanese, che abbandonò la famiglia quando l'autrice era molto piccola, alla madre, nigeriana, all'avere una gemella.
Per quanto bello, il titolo italiano ha meno attinenza alla storia di quello originale, Ghana must go, che fa riferimento all'espulsione dalla Nigeria, nel 1983, di milioni di immigrati, la maggior parte ghanesi. Molti di questi si trasferirono negli USA, per studiare e fare fortuna, i loro beni stipati in grandi borse a quadri, rossi e blu, che si chiamano proprio così: ghana-must-go bag.
La bellezza delle cose fragili è la storia di una famiglia; il padre, Kweku Sai, chirurgo; la madre, Fola, straordinaria e bellissima; i quattro figli, due maschi e due femmine, straordinari anch'essi, ma fragili e segnati dalle decisioni dei genitori, soprattutto da quelle del padre. Il libro si apre proprio sulla morte di Kweku, per infarto, a 58 anni, in Ghana, da solo. Cosa ha portato questa famiglia che si amava a dividersi così brutalmente, ad allontanarsi con una forza centrifuga che pare inarrestabile? Riuscirà, un evento tragico come la morte del capofamiglia, di colui che ha causato la divisione, a riunirli di nuovo?
Il libro è molto bello, la scrittura preziosa, la trama un continuo rimando tra passato e presente, i protagonisti restano nella memoria del lettore, nonostante i nomi - per noi - impossibili. Più che la narrazione lascio parlare la recensione di Daniela, che ha proposto il libro, che secondo me lo riassume davvero bene:
Famiglie infelici
Più che la diaspora dei nuovi africani che fuggono dai loro Paesi in cerca di realizzazione in occidente (in questo caso gli Stati Uniti) il libro è incentrato nel racconto della disgregazione di una famiglia, nella solitudine che ognuno porta dentro di sè e che non viene "curata" all'interno della famiglia. Già il fatto di partire da un Paese che non offre altro che miseria, per vedere realizzate le proprie aspirazioni (ma il fatto di essere negri è oggetto di discriminazione anche sul lavoro), già questo è fattore di solitudine e di mancanza di radici, di sentirsi abbandonati in un Paese sconosciuto e con poche relazioni, ancora più disgregante l'abbandono della famigllia da parte del padre, le schegge disgregate sono i figli, che se ne vanno ognuno con il proprio bagaglio di dolore, di incomprensione, di infelicità, di mancanza di un nucleo. Sarà la morte del padre a riunire queste particelle.
Il libro affronta un tema molto forte e lo fa capire anche molto bene. Peccato tante parti ripetitive ed inutili, peccato questo montaggio di flashback che non aiuta ad entrare nel racconto molto bene, si fa un pò fatica a raccogliere i fili.

Resto sorpresa dal voto finale di Daniela che da al libro solo tre stelline. Molto più alto il voto di Monica, che lo valuta il massimo consentito, ben 5 stelle:
Divorato con voracità.
Da parecchio tempo non mi capitava di farmi “assorbire” così tanto da un libro, anche se mi rendo perfettamente conto che non è un libro per tutti e la cui lettura è strettamente legata allo stato d’animo del momento.
Dì per se racconta la storia di una famiglia. Un uomo che parte dal Ghana e una donna che parte dalla Nigeria e si ritrovano negli Stati Uniti dove mettono al mondo 4 figli, di cui 2 gemelli.
Un racconto a flash-back con i vari punti di visti dei personaggi. Introspezione pura che si racchiude tutta nelle parole non dette, nell’orgoglio individuale, nelle piccole gelosie così umane e vere e che fanno parte dell’amore.
Una scrittura brillante, a volte fin troppo ossessiva nelle ripetizioni dei concetti, ma così forte, sensibile, vibrante e lacerante che non può lasciare indifferenti.
Certo, mi ripeto, il libro deve capitare fra le mani al momento giusto….
Sconsigliato a chi ama l’azione.

Nel mezzo, come voto almento, la recensione di Cristina che gli da 4 stelle. La sua opinione però, va presa con le pinze. Ha letto il libro nel 2014, in un altro periodo della vita, e forse oggi la penserebbe in maniera diversa ma  per una volta ha fatto la pigrona e non lo ha riletto. Quindi ecco qui la sua recensione (lungherrima e spoilerrima al massimo, ergo: non leggetela se non volete sapere troppo sulla trama):
Una diaspora del cuore.
Un altro racconto che, mi perdoni il buon Tolstoj, racconta come "ogni famiglia infelice è infelice a modo suo", ma che sotto sotto, almeno nei libri, i motivi son sempre quelli. La bellezza delle cose fragili (ok, qui capisco perchè è stato scelto sto titolo, ma molto meglio e più sensato l'originale "Ghana must go" che fa riferimento alla espulsione forzata dal paese di molti ghanesi, piuttosto che questo poetico non senso) ci racconta la storia di Kweku e Fola, della loro famiglia, di come si sono separati, di come si riuniscono. Il percorso è doloroso per tutti, ma almento alla fine per questa famiglia, o meglio per coloro che rimangono, un qualche spiraglio di possibile felicità si apre, o almeno così spero. La prima parte è poetica, ben scritta anche se lo stile dell'autrice non mi piace molto: mi pare troppo studiato, forzato. Da una parte dimostra l'impegno, ma dall'altro mi ha affaticato. Poi francamente per quanto bella sta parte sembrava interminabile: oltre 100 pagine per arrivare alla morte di Kweku. Al 30% del file sto benedetto uomo stava ancora morendo d'infarto! Mi era venuta voglia di finorlo io, a schiopettate, così almeno la storia cominciava. Il racconto è tutto un rewind, fast forward al momento attuale, salto di punto di vista, ritorno a Kweku, rewind, ecc. ecc. Dopo fortunatamente la storia ingrana, con la parte ambientata in Usa abbastanza scorrevole, ed una molto bella ambientata in Ghana (è quella che mi è piaciuta di più, fosse altro perchè almeno si stava arrivando da qualche parte). Il finale (per quanto scontato e del resto è una storia familiare, dove volevi andasse a parare), ha il pregio di non essere consolatorio più di tanto, e lascia intravedere che se passi avanti sono stati fatti certo non tutto è risolto e di lavoro da fare, per questa famiglia, ne rimane moltissimo. Tutto basato sui personaggi (non succede particamente nulla di esterno) ha proprio in questo il suo limite, secondo me, perchè per quanto ci si affezioni a loro, sono tutti stereotipati: il figlio maggiore responsabile, c'e, la figlia gemella brillante ma che si scopa il professore, c'e, l'artista tormentato, c'e, la piccola grassoccia e ovviamente bulimica, pure questa c'e, la madre imperfetta da ammirare e colpevolizzare (a scelta) c'è, il padre fuggitivo pure. C'è da chiedersi perchè se una tragedia colpisce una famiglia questa quasi sempre preveda che il padre fugga (come qui) o la madre muoia (no, questo qui non c'è, fortunatamente). Nel mezzo non manca ovviamente l'abuso sessuale (e te pareva), ma come molto spesso accade, questo è usato purtroppo come "mezzo narrativo" e, temo, senza una vera partecipazione dell'autice al dolore dei suoi personaggi (magari anche no, nulla conosco della biografia dell'autrice se non che, a quanto pare da altre recensioni, è figa. Come questo sia rilevante non lo so, ma tanto è). La Selasi secondo me ha comunque caricato di talmente tante sfighe sti personaggi che poteva tranquillamente evitargli almeno quello, così come l'altrettanto stereotipato rapporto simil incestuoso tra fratelli gemelli. PS: quello che secondo me era il personaggio più interessante (il gemello artista) è anche quello meno definito,.secondo me perchè mentre più o meno gli altri sono una proiezione dell'autrice (Taiwo soprattutto, ma anche Sadie) con Kheinde la cosa non funziona o meglio la Selasi non sa cosa fargli fare e dire, così poveraccio alla fine è solo la parte maschile di Taiwo. Peccato. 
Ecco, per dire, Cristina non ha esattamente il dono della sintesi...

Libro del prossimo mese, stavolta scelto da Rita dopo regolare estrazione, è Il fucile da caccia di Inoue Yasushi.
Prossimo incontro martedì 7 febbraio, ore 20.00, da Zaffira.