venerdì 6 marzo 2020

Hotel silence

Auður Ava Ólafsdóttir
Anziché smettere di esistere, non puoi smettere di essere tu, e diventare un altro?

Jonas è un uomo di mezza età. Ha divorziato da poco e la ex moglie ha pensato bene, durante le procedure di separazione, di rivelargli che l'unica amatissima figlia non è figlia sua. Ha perso il padre molti anni prima e la madre è ricoverata in casa di riposo, vittima della vecchiaia e della demenza.
Jonas è in una fase cruciale della sua vita, in cui si sente vuoto e inutile, privo di motivazioni. Così privo di motivazioni che sta pensando seriamente a porre fine alla propria esistenza, al suicidio.
Lo pianifica, arriva persino a chiedere al vicino di casa un fucile (e mi chiedo che vicini ci siano in Islanda che tu gli chiedi un'arma e te la danno senza fiatare). Quello che lo ferma è l'idea di obbligare la figlia a trovare il suo corpo. Jonas è un padre, un figlio e un compagno (anche se ex) responsabile e amorevole. Per quanto in piena crisi rimane una persona attenta e protettiva, un uomo che per inclinazione preferisce riparare le cose, che distruggerle.
Il trauma, il dolore, il bagaglio di sensi di colpa Jonas alla figlia non vuole lasciarli. E quindi Jonas acquista il primo biglietto aereo disponibile per un posto sperduto, appena uscito dalla guerra, dove la sua morte scomparirà nella statistica di un paese devastato. Parte in tutta fretta, armato di pochissimo vestiti ma portando con se una cassetta degli attrezzi.
E sarà proprio riparando tubi e supellettili all'Hotel Silence che Jonas ricomincierà a vivere.
Ci sono ancora.
Sono ancora qui

Hotel Silence è un libro carino, scritto con uno stile asciutto e misurato. Jonas non è uomo di molte parole, probabile somigli alla sua creatrice letteraria che pure lei non si dilunga in spiegazioni e descrizioni, tanto che dove sia ambientata la parte dedicata alla "rinascita" di Jonas non ha nemmeno una localizzazione geografica chiara. 
Ex Yugoslavia, centro America, qualche sperduto villagio africano? Chi lo sa. E del resto non ha importanza; in fondo tutti i paesi in cui c'è stata la guerra hanno le stesse ferite e le stesse cicatrici.
Anche Jonas ha le sue ferite, e le guarisce occupandosi prima delle stanze dell'Hotel e dei vicini, poi degli altri.

Una morale facile e tutto sommato favolistica: dedicati agli altri e guarirai le tue ferite, che non ci ha del tutto convinti.
Il desiderio di morte ha motivazioni profonde, che ben difficilmente guariscono così in fretta.
Però il libro scorre veloce, e ha un finale lieto.
Una lettura tutto sommato piacevole, anche se ha il sapore della favoletta, un po' troppo costruita e un po' troppo scontata. Una buona idea che si perde, e avrebbe potuto essere molto meglio.

Una sola recensione, di Cristina:
Libro discreto, che parte bene e poi si perde parecchio. Un racconto gradevole ma non del tutto riuscito. Lo salva il messaggio decisamente positivo, anche se la tematica avrebbe forse meritato qualcosa di più.

 Libro del prossimo mese: Il treno dei bambini di Viola Ardone:

   
Ci si vede martedì 10 marzo 2020.