giovedì 15 gennaio 2015

Decisamente promosso

E' piaciuto praticamente a tutti CANALE MUSSOLINI. Non sono mancate alcune critiche e qualche appunto, ma nel complesso il libro è stato decisamente promosso.
Presenti alla serata di martedi'; Stefania, Cristina, Marilaura, Rita, Maria, Daniela ed io (Francesca).
Come tutte le volte abbiamo parlato brevemente di quello che stiamo leggendo o abbiamo letto al di fuori del libro protagonista della serata e poi abbiamo ordinato la cena.
Il clima era leggero ieri... o forse ero leggera io. Sto attraversando un periodo di grande energia e vedo tutto più bello!!!
Poi siamo passati a Pennacchi.


Del romanzo quello che è piaciuto maggiormente è l'ambientazione, la descrizione della vita della famiglia contadina dei primi trent'anni del secolo scorso. Molti di noi avevano rimembranze dei propri nonni che vivevano ancora così, delle serate trascorse sull'aia con le seggioline vicine, il focolare acceso e i tantissimi figli. Alcuni di noi, me compresa, ignoravano quasi del tutto quella pagina di storia, le Paludi Pontine trasformate in Agro Pontino, la "colonizzazione" dei veneti, dei friulani e dei romagnoli e, aimè, anche la crudeltà degli Italiani durante la guerra in Eritrea.
Bella la famiglia Peruzzi, bella e simpatica, ma anche rude a volte e anche crudele.
La critica più frequente: la prolissità di certi punti e la ricchezza di particolari superflui.
A nessuno ha dato fastidio l'uso e l'abuso del dialetto veneto, anzi... l'abbiamo tutti trovato decisamente divertente.
Forse sono stata proprio io la più critica alla fin fine ma anche io promuovo Pennacchi quasi a pieni voti.

Ed ecco le recensioni scovate su Anobii.
Cominciamo con Cristina ****

Malèdeti Zorzi-Vila!

Per la fame. Siamo venuti giù per la fame. E perché se no? Se non era per la fame restavamo là. In poche frasi brevi e secche, pragmatiche, il riassunto di una tragedia che ha travolto generazioni di italiani. Che ci travolge ancora, perchè ora migriamo in modo diverso, e votiamo in modo diverso, ma le scelte che facciamo, i percorsi che seguiamo, non sono poi così dissimili. Nella saga della famiglia Peruzzi, mezzadri padani migrati in Lazio per fame, c'è riassunta una bella fetta della nostra storia recente, sul trentennio fascista in particolare, ma non mancano riferimenti ai primi anni del secolo e al nostro presente. Partiamo subito con il dire che io, di questo periodo, non sapevo niente. Ma niente proprio, eh. Beh, tranne il minimo sindacale, e poco anche di quello. Ne so un poco di più del periodo dopo, che ha visto migrare i miei nonni dal Veneto al Friuli per cause più o meno simili. Non che qui ci fossero grandi possibilità, ma il nonno - mezzadro pure lui - era stato sfrattato e qui ha tentato la fortuna. Molte delle mie zie friulane, invece, sono migrate in Canada e in Svizzera. Come detto, non è che qui i contadini stessero poi tanto tanto meglio, ma si era nel dopoguerra, le cose stavano migliorando, stavamo per svoltare e svoltato abbiamo. Ora no, ora ricominciamo a emigrare, ma questa, come direbbe la voce narrante di Canale Mussolini, è un altra storia e non interessa a nessuno. La storia della famiglia Peruzzi è narrata da uno di loro, che resta anonimo fino alla fine del libro. Attraverso le sue parole rivive la storia dell'intera famiglia, raccontata con piglio e ironia, tanto che le molte pagine scorrono veloci, e non si può fare a meno di amarli, questi Peruzzi, anche quando le decisioni che prendono sono quantomeno discutibili, e portano al disastro. Ma è un disastro affrontato sempre di petto, e con coerenza verso se stessi, se non verso la storia. Ecco, la storia, e la politica, che in questo racconto hanno molto peso. Forse dovrebbero pesare anche sulla valutazione del libro perchè Pennacchi, di suo, non ha (o io non ho percepito) uno sguardo particolarmente equanime e critico. Però sarò sincera: in questo caso ME NE FREGO! Diciamo che della politica non mi importa, perchè le scelte che i Peruzzi fanno sono motivate tutte dalla stessa cosa, dalla fame. E dalla speranza di un futuro migliore. Sbagliano? Eh, pazienza, lo stomaco ha ragioni che la ragione non conosce, che ci possiamo fare. Un bel libro, insomma, con bei personaggi, sempre in bilico tra una modernità che sta arrivando e le tradizioni popolari. Uomini grandi grossi e eroici e donne belle, forti e coraggiose. Una descrizione forse un poco troppo "eroica" che non va a braccetto con la realtà dei tempi, ma che si lascia leggere: e sinceramente, tutti preferiremmo avere avi in gamba, da mitizzare, no? Qui la mitizzazione è forse un poco troppa: la nonna che predice la sfiga in famiglia, le api senzienti di Armida, Pericle coraggioso fino al midollo, Paride che è bello ma porta la vergogna sulla famiglia, ma hanno una loro radice epica giustificabile. Due soli appunti che abbassano la piacevolezza della lettura: a un certo punto l'autore perde il senso della misura e racconta per filo e per segno come erano le strade dell'Agro Pontino, con dovizia di particolari interessanti solo per un ingegnere stradale, ma forse nemmeno per lui; L'identità del narratore, e la storia che ha portato al suo concepimento: forse sono solo io, ma mi sembra una virata inutile, tutto sommato una "storia nella storia" che non serve poi a tanto, ma sono piccolezze.

Passiamo a Stefania ****
Un libro molto bello e interessante dal punto di vista storico e sociologico. Il racconto della storia di una famiglia di contadini veneti, dai primi del '900 fino alla fine della seconda guerra mondiale. Le condizioni di vita estrema, il comunismo, poi il fascismo, la fiducia di questa gente nel comunismo prima e nel fascismo poi. La figura di Mussolini vista dal popolo, la bonifica dell'agro pontino, l'abbrutimento e la fatica di tutti i giorni e la fiducia nell'impero. La brutalità, la violenza, gli omicidi, la condizione della donna, la sopraffazione visti con occhi innocenti di chi non e' intrinsecamente cattivo ma neanche ha gli strumenti culturali per riconoscere quello che e' sbagliato. "Ognuno ga le su razon" capiranno, in parte, poi. Il tutto raccontato da un personaggio vecchio, non molto colto che filtra le storie attraverso l'affetto per la sua famiglia. Bellissima la lingua, questo veneto un po' imbastardito dal friulano da dialetti laziali e chissà che altro. Un libro che serve a capire anche perché agli italiani una dittatura come il fascismo andava molto bene. Un libro che serve a capire perché, tutto sommato, potrebbe stare bene a molta gente anche oggi.

E qui la mia recensione ***
Sono un po' perplessa. Ho alcune osservazioni da fare su questo romanzo: prima di tutto è eccessivamente prolisso. L'autore ripete certe cose due, tre, quattro volte e questo alla lunga risulta un po' fastidioso. Ci sono poi alcune precisazioni e osservazioni piuttosto banali, come il continuo ripetere "A quel tempo non c'era questo... a quel tempo non c'era quello..." che nulla aggiungono se non l'impressione che Pennacchi pensi che siamo tutti un po' stupidi e non sappiamo nulla di come era la vita nei primi 40 anni del '900. D'altra parte la storia che viene raccontata è davvero originale e scritta con uno stile particolarissimo. Praticamente è una lunga intervista al nipote del nonno Peruzzi che, insieme alla numerosissima famiglia, nel 1932, si è trasferito dalla campagna veneta all'Agro Pontino di recente bonifica. Tutto sommato un piacevole ripasso della nostra storia recente vista dalla parte di chi al Duce e all'Italia fascista ha creduto profondamente. Sarebbe un bel libro se avesse circa 200 pagine in meno e anche meno banalità.
Anche Maria (a cui è piaciuta tantissimo l'Armida), Rita (che però ancora non l'aveva terminato e cercava inutilmente di non farci svelare il finale), Marilaura e Daniela l'hanno molto apprezzato.

Al termine della serata abbiamo estratto il libro per la prossima volta. L'incombenza è toccata a me.
LE LUNE DI GIOVE di Alice Munro.


Il prossimo appuntamento è fissato per MARTEDI' 10 FEBBRAIO, stesso posto, stessa ora!!!
Buona vita a tutti e buone letture.

Francesca

giovedì 1 gennaio 2015

BUON ANNO... e recensione ritardataria!!!

Perdono... perdono... perdono...
Sono in ritardo, lo so ma le feste, il Natale, un viaggio dai miei suoceri, il cenone di San Silvestro e tutto il resto mi hanno fatto un po' andare nel pallone.
Intanto non posso non fare a tutti i miei più sinceri auguri di Buon Anno. Che il 2015 veda la realizzazione dei vostri desideri e dei vostri sogni più arditi!!!

Detto questo, passiamo finalmente a parlere della serata del 16 dicembre.
Intanto segnalo immediatamente l'ingresso nel gruppo di un nuovo membro: Katia.
Katia ci ha trovati proprio grazie a questo blogghino e la cosa non può che farmi felice. Spero davvero che possa continuare ad essere dei nostri!!!
Presenti all'incontro: Maria (con un buffissimo cappello natalizio), Cristina, Marilaura, Rita, Monica, Stefania, Daniela, Katia ed io (Francesca).
Il romanzo in esame era IL CAFFE' DELLE DONNE di Widad Tamimi.


E' passato troppo tempo e non mi ricordo che cosa esattamente ci siamo dette approposito di questo libro (ecco perchè queste recensioni dovrebbero essere fatte subito!!!) ma certamente quello che ricordo è in sintesi questo: libro bello (è piaciuto quasi a tutte), stile piacevole, protagonista assolutamente insopportabile, infantile e rompiballe.
Passo quindi immediatamente alle recensioni scovate su Anobii.

Cristina 3 stelline
Un altro libro di maternità negata, che è Venuto al mondo due - la vendetta?
Arrivo dalla lettura (travagliata e lasciata incompleta) di Venuto al mondo della Mazzantini e confesso che appena la protagonista manifesta il desiderio di avere un figlio avrei mollato volentieri il libro nella raccolta indifferenziata. Poi ho perseverato nella lettura: in fondo i primi capitoli mi sono piaciuti, e poi non è che mi posso presentare di nuovo alla cena del Club di lettura senza aver finito il libro, no? Con Venuto al mondo ero giustificata dall'insostenibile pesantezza dello stile e dalla urticante protagonista. Qui almeno lo stile è lineare e semplice. Non posso dire altrettanto della stronzissima protagonista, purtroppo. Qamar vive tra due mondi: figlia di un immigrato giordano venuto in italia per studiare è stata educata in Italia, ma passa le sue estati ad Amman, con la famiglia paterna, dove viene trattata come una piccola principessa (e ci sciala in questa sua presunta superiorità). Passa così l'infanzia idealizzando l'ambiente in cui vivono i suoi nonni e i parenti, che sembra un mondo di favola. Poco importa che le cugine si sposino a 15 anni se non prima, e che vengano sistematicamente picchiate dai mariti quando questi sono nervosi. Il risveglio arriva brusco con l'adolescenza, momento in cui le vengono per la prima volta messi dei limiti, perchè è donna, ormai, e si deve comportare di conseguenza. Ovviamente Qamar, viziata, abituata a ben altra vita, sclera: non parla, non gioca, non comunica, perchè sono tutti brutti e cattivi e la tengono prigioniera, lei povera principessa in esilio. Fortunatamente la prima cotta (ovviamente per un cugino, tutte abbiamo la prima cotta per il cugino figo) ammanta di nuovo tutto di magia, e la Giordania, Amman, ritornano a essere - infantilmente - il regno magico.
Incontriamo Qamar in Italia, ormai adulta, con un lavoro che non la soddisfa (ma va?) e un fidanzato che la adora, e sembra andare tutto bene, nonostante un rapporto non ben definito con la madre (che non sono sicura sia giordana o italiana ma non mi va di rileggere il libro per capirlo) e un padre assente sempre via per lavoro.
Poi la tragedia: l'orologio biologico si sveglia e Qamar vuole, disperatamente vuole, un figlio. La tafila è la solita: aborto, prognosi infausta, sviluppo di una serie impressionante di paturnie e egoismi, tutti gettati sul compagno che certo, lui mica soffre per la perdita del bambino, lui! Su tutto l'invidia divorante verso le altre donne, verso quelle che i figli li possono avere. La speranza dell'adozione, purtroppo rifiutata da Giacomo che invece di adottare non se la sente, la crisi con lui che non la capisce perchè lei è di un'altra cultura (sottociuto: io sono meglio, che vuoi capire tu) e il rifugiarsi nel ricordo idilliaco del passato, dell'infanzia, perchè Qamar di fronte ai problemi, dalla bambina viziata che è, scappa.
Ora una precisazione: capisco il dolore di chi perde un figlio, i sogni che hai, l'amore per questa persona in divenire, l'infinita sofferenza della perdita. Ma l'invidia divorante quella spero di no, di non capirla mai, perchè non c'è nulla di più brutto dell'invidia e del rancore.

Il ritorno alla realtà è a opera del primo - mai dimenticato? - amore. E qui davvero l'idealizzazione del passato della protagonista tocca il fondo: con i sogli di amore eterno con il cugino che però non è lui, è una idealizzazione infantile di non si sa chi.
Il ritorno ad Amman (non a caso fatto avvenire in inverno) mette Qamar di fronte alla realtà della vita in Giordania, ma le fa anche riscoprire valori e affetti che la patina rosa che aveva suglio occhi non le permetteva di vedere.
La principessa scende - un poco - da trono, e rivaluta le cose che dava per scontate. Purtroppo non abbastanza perchè alla fine del libro non mi pare sia del tutto cresciuta: credo che la convinzione che tutto debba andare come vuole lei sia sempre li.
Tutto sommato il libro non mi è dispiaciuto, e gli do tre stelle nonostante la protagonista stronza. A bilanciare i personaggi che mi sono piaciuti: il nonno e la nonna, Leila, la madre e la sorella di Qamar, soprattutto Giacomo, dolce e gentile e votato alla santità con una cretina simile come moglie.

Ops... non ne ho trovate altre, a parte la mia che trovate più sotto.
Meno male che c'è la loquacissima Cristina che spesso e volentieri salva la situazione!!!

Francesca 4 stelline
La protagonista è una donna in bilico tra due culture diversissime e non riesce a decidere a quale è più legata. Italianissima eppure con il cuore ad Amman, prende decisioni sciocche ed infantili e spesso si nasconde dietro questo suo essere araba e quindi diversa. Non è un bel personaggio e quasi nessuna delle sue non-scelte è stata da me condivisa, ma nonostante l'irritante protagonista il romanzo mi è piaciuto. Ho molto apprezzato lo stile pulito e fresco, estremamente piacevole. È curioso che i due personaggi che ho più apprezzato sono Giacomo e Leila, il primo autenticamente italiano, la seconda profondamente araba.

Nel corso della serata ci siamo scambiati i libri di Natale e mi sembra che, nonostante la casualità, eravamo tutte molto soddisfatte.
E per finire, prima degli auguri di Buon Natale e Buon Anno, i baci e gli abbracci e altre amenità, abbiamo estratto il libro per il prossimo incontro e l'incombenza è ricaduta su Marilaura che ha proposto CANALE MUSSOLINI di Antonio Pennacchi.
Il prossimo incontro è fissato per MARTEDI' 13 GENNAIO, stesso posto (Trattoria al Torre di Via Cividale) e stessa ora (19.45 circa).


E con questo vi saluto, rinnovo ancora una volta i miei auguri per un sereno 2015 e vi auguro tante, tantissime interessanti letture.
A presto

Francesca