giovedì 26 settembre 2019

The Mars room.

Rachel Kushner
Non sentirete mai nessuno definire comune l'aspetto di un uomo. L'uomo comune significa l'uomo medio, un uomo tipico, un lavoratore infaticabile e perbene che si dà da fare, dai sogni e dalle risorse modesti. Una donna comune è una donna da poco. Una donna da poco non merita rispetto e perciò ha un valore ben preciso, un valore da poco.

Romy Hall è una spogliarellista. Giovane, bella, sbandata. Nella sua vita ha pochi punti fermi. Uno è il figlio, Jackson, l'altro la prigione. Perchè Romy sta scontando un doppio ergastolo, senza possibilità di libertà vigilata. E mentre lei è in prigione, e la sua vita si intreccia con quella di altri prigionieri e con il personale del carcere, Jackson è fuori, solo e indifeso, in balia dei servizi sociali.

The mars room ci fa incontrare Romy nel suo viaggio verso la prigione dove sconterà la sua pena. Non sappiamo ancora di che delitto si sia macchiata, sappiamo solo che è stata condannata all'ergastolo. Già dal viaggio, dall'inumanità e dalla mancanza di empatia che accomuna prigionieri e carcerieri, è evidente la critica feroce dell'autrice al sistema giudiziario americano, un sistema che non consente speranza e redenzione, in cui se sei povero e donna, e se la vita non ti ha concesso sconti e possibilità, allora non avrai nemmeno quello che dovrebbe essere concesso a tutti - almeno sulla carta - ovvero una difesa efficace.

Non è un personaggio gradevole Romy. E' fredda e dura, e non alberga in lei alcun pentimento o ripensamento per il delitto che ha commesso, peraltro davanti al figlio che pure teneramente ama. Ma l'uomo che ha ucciso la tormentava, la seguiva, la "stolkerizzava". Arriva al punto di seguirla in un'altra città, ossessionato dall'idea che ha di lei e che ben poco ha in comune con la vera Romy che quando se lo trova davanti lo uccide. Uccide chi, per l'ennesima volta, le impedisce di rifarsi una vita, le toglie la possibilità di essere altro che la spogliarellista carina ma sbandata.

The mars room è un libro particolare, che piacerà a chi riesce a empatizzare con Romy, a riconoscere nel percorso di lei le storie di chi è nato svantaggiato e non è riuscito a farcela nonostante le avversità. Agli altri... probabilmente molto meno.

Carcere femminile della California centrale cui si ispira
quello del libro
E' un libro duro, come il tema che affronta, in cui gli spiragli di speranza sono pochi e rari. I personaggi sono tutti o quasi sgradevoli e l'intrecciarsi di più storie crea confusione tanto che a volte non si capisce chi sia il protagonista dei vari capitoli.  Più di tutto pesa la cappa di violenza e sopraffazione che permea il racconto: violenti sono i prigionieri tra di loro, le guardie con i prigionieri e con chi nel carcere lavora (come giustamente dice Annarita anche loro scontano il loro ergastolo, vivono isolati dal mondo come prigionieri pur non essendolo), persino chi nel carcere lavora per un breve periodo che forse lo fa per difendersi ma viene da chiedersi se valga la pena perdere la propria umanità per salvare un po' di orgoglio.

Consigliamo la lettura di questo libro? Dipende. Sicuramente non lo consiglierei a chi passa un periodo difficile, ma è un libro che - pur scomodo e pesante - forse dovrebbe essere letto per capire quanto si è fortunati ad essere nati dalla parte "giusta" della città (non occorre del Mondo).

Magari ce la facevamo ugualmente, ma sarebbe stato tutto più difficile.

Libro del mese di agosto: Insieme, e basta di Anna Gavalda.