lunedì 4 marzo 2019

Louise. Canzone senza pause.

La gente dice di sè quel che non vorrebbe, forse per mettere a frutto il poco tempo rimasto, forse perché, dopo breve, nessun testimone sarà lì a ricordare.

La Storia, quella sui libri, è roba da uomini.
Si ricordano poche donne, e non sempre con il dovuto riguardo. Spesso contano più le "ombre" che i meriti, o l'anedottica: Cleopatra e il tappeto in cui si avvolse per arrivare a Cesare e l'aspide fatale, Elisabetta I d'inghilterra è nell'immaginario più la Regina Vergine che la regnante che fu. Delle altre tante, tantissime donne che ebbero un ruolo - anche di primo piano - nel lungo scorrere della storia si ricordano mariti e figli, quasi mai meriti e capacità. Pedine su una scacchiera, quasi mai giocatrici.

Eliana Bouchard ha il merito di illuminare una figura che, quando le va bene, viene ricordata come la quarta moglie di Guglielmo I d'Orange, quando le va male non viene citata affatto, quella di Louise de Coligny (1555 - 1620).

Sceglie il racconto in prima persona, e la voce di Louise ci raggiunge con la calma di chi ha attraversato momenti tragici, perdite enormi e vissuto sempre in bilico, sempre lottando, ma senza perdere mai forza e speranza.
Donna di notevole cultura (frutto di una educazione che aveva condiviso con i numerosi fratelli) e di salda fede, attraversa un periodo tumultuoso di guerre di potere e religione che la priva di padre, molti fratelli e due mariti (entrambi amati). La rete famigliare e di conoscenze le fa assumere un ruolo diplomatico di primo piano, anche se misconosciuto, che assume senza pause, tra Italia, Francia, Paesi Bassi e Svizzera.
Delle tante tragedie che la colpiscono forse quella che più si avverte è quella della mancanza di una casa, di un porto sicuro.

I porti non danno quel che promettono, ma rimettono in circolo quanto ricevono e capita che molti si sentano migliori, perché momentaneamente disponibili ad accogliere quel che respingerebbero altrove.

Per il racconto della vita di Louise de Coligny vi rimando al libro, scritto magnificamente, e alle varie fonti storiche, badando che per noi italiani gli Ugonotti sono praticamente sconosciuti. Si, si sa che ci sono stati, ma esattamente cosa subirono rimane ammantato nelle note a piè di pagina della memoria.

Il giudizio sul libro? Molto buono. Scritto benissimo, in uno stile che davvero sembra una musica, ha il pregio di unire dati storici e romanzo, ma senza che il romanzo abbia la meglio sulla Storia. Può quindi piacere un po' a tutti, anche se la copertina - pur bellissima secondo me - tende ad attrarre maggiormente l'occhio femminile, e l'appassionato di fiori ^_^.

Consigliato a tutti, vi incuriosirà abbastanza da andare a cercare altre fonti e altri racconti sul periodo, il che è un ulteriore, notevole, pregio.

Libro del mese di marzo Chopin. Tutto quello che so sull'amore l'ho imparato da un gatto di Eva Polanski.


Ci si vede martedì 19 marzo, stesso posto, stessa ora.