venerdì 11 settembre 2015

Il mondo di ieri, di oggi, di domani

Ho partecipato all'incontro ma da spettatore. Non avendo letto il libro necessariamente è stato così.
Per la prima volta da quando esiste il gruppo del Naso ci siamo incontrati per un dopocena: una torta, delle bibite, qualche caffè... ed è stato tutto talmente leggero e piacevole e la discussione concentrata e interessante che abbiamo deciso di ripetere l'esperienza anche al prossimo incontro.
Eravamo: Daniela, Catia, Marilaura, Maria, Monica, Claudio, Augusta, Stefania ed io (Francesca).

Il libro (Il mondo di ieri - Stefan Sweig) ha suscitato una accesa discussione anche se non tutti erano riusciti a finirlo, un po' per abbandono e un po' perchè la lettura ha richiesto una concentrazione maggiore del solito.


Monica ha sottolineato la totale assenza di donne nella narrazione di Sweig, nonostante nella vita dello scrittore siano transitate, e forse solo transitate, ben due mogli. Ed è sua una frase che mi ha davvero colpito: "E' un libro che parla del mondo di ieri, di oggi e di domani. Non impariamo dai nostri errori."
Marilaura lo ha definito "uno spaccato di un'epoca" anche se ha trovato francamente strano che un uomo come Sweig, aiutato certo dal fatto di essere uno scrittore famoso e di successo, abbia incontrato e sia stato amico di tutti i più grandi scrittori e intellettuali del tempo, alcuni conosciuti e incontrati per fortunate quanto sospette coincidenze. Questa cosa l'ha trovata un po' falsa e forzata.
Claudio, che ha proposto questa autobiografia, ha trovato il libro molto moderno e ancora tragicamente attuale in molte sue parti. E anche lui pronuncia una frase che mi ha dato molto da pensare: "L'Austria e la Germania erano pronte per il Nazismo. Non potevano evolvere se non passando attraverso questa realtà."
Anche a Daniela il libro è piaciuto molto. Contrariamente ad altri, non lo ha trovato autoreferenziale ma invece estremamente ricco di spunti e di temi di discussione.
Per Stefania (che ha trovato l'E-book difficile da leggere) e Augusta (che però non lo ha terminato) è un libro interessante. Anche Catia non è riuscito a finirlo e ha trovato difficoltoso il linguaggio piuttosto arcaico, ma nonostante questo le è piaciuto molto.

E adesso un paio di resensioni trovate su Anobii.
Ecco quella di Cristina, assente alla serata perchè in vacanza.
Due sole stelline per lei... ed ecco perchè!

Sarò strana io, ma questo libro proprio non mi piace. Peggio, non mi riesce a piacere nemmeno l'autore.
Vado controcorrente. A me questo libro proprio non è piaciuto. Non mi è piaciuto lo stile (potrebbe essere anche la traduzione ma non credo, sta fissa dei concetti ripetuti tra volte non credo sia un vezzo di traduzione) e non mi è piaciuto il contenuto. Oddio, non la storia in se, quella è ferma e immutabile, anche se se ne possono leggere pagine diversissime partendo da un unico evento. No, non ho sopportato quello che Zweig decide di raccontarci di se e di quel periodo. Non riesco a credergli, non riesce a convincermi. E la sua tragica storia personale non mi fa apprezzare di più questo libro.
Soprattutto la prima parte è tutta un superlativo: tutto bellissimo, splendido, meraviglioso. Guarda quanti amici che ho, sono tutti in gamba, tutti mi vogliono bene. Incontro solo persone meravigliose e tutti mi aprono la loro casa, ecc. ecc. Posso viaggiare: che bella Berlino, Parigi è splendida, Londra un poco meno, ma li non mi si filano manco per niente visto che io non faccio sport e non vado a caccia!
Come se Sweig vedesse il passato solo attraverso lenti rosa. Cosa comprensibile, vista la sua storia personale. Ma viene da chiedersi se tutto quello che scrive sia vero o non sia una sua visione degli eventi di allora, scritta cercando di evitare tutti gli aspetti spigolosi, e sforzandosi di ricordare solo il bello e il buono.
Mi perde definitivamente abbastanza presto, quando raccontando del suo ultimo incontro con Herzl (cui deve molto) e questi gli chiede di andarlo a trovare dice: “Glielo promisi, ben deciso a non mantenere la promessa, giacché quanto più amo una persona, tanto più ne rispetto il tempo”. Che modo formalmente gentile e ipocrita di nascondere al lettore la propria viltà e il desiderio di evitare problemi. Cosa che viene ripetuta anche più in là nel testo, quando sottace di essere fuggito dall'Austria (a ragione) ma di averci bellamente lasciato mamma e moglie. Poi più tardi dice di aver invece frequentato assiduamente Gorkij e Freud anche quando questi erano malati o in esilio. Si vede che gli stavano sulle ciufole, loro!
Dalla frase su Herzl in poi ho letto tutto con poca fiducia nella voce narrante, il che ha reso l'esperienza abbastanza pesante. Ci sono capitoli interessanti (Eros mattutinus, gli ultimi due, in cui si sente la disperazione di chi viene privato della patria) e il libro è scritto bene, ma ho trovato il punto di vista dell'autore poco affidabile, e non son proprio riuscita a apprezzare il racconto.
Alla fine mi è rimasta l'impressione di un uomo che ha avuto tutto (successo, ricchezza, possibilità di fare quello che voleva, amicizie importanti) ma che è sempre stato avvitato su se stesso, nell'impossibilità caratteriale di prendere una posizione forte, e sempre attanagliato dai dubbi e dall'insicurezza. Da una parte crede nella libertà sessuale (vedasi Eros mattutinus), ma quando racconta della libertà di costumi dopo la prima guerra mondiale lo fa bacchettando i comportamenti poco consoni della gioventù (specie le ragazze). In un paio di punti si fa sfuggire qualche commento omofobo. Odia violenza e dittatura, ma poi ci racconta un simpatico aneddoto su Mussolini e, chissà come mai, non ne parla male. Dice che è un dittatore ma, guardate, quando gli ho chiesto qualcosa che bravo che è stato! Ha venduto milioni di copie, ma si chiede sempre come mai, è sempre attanagliato dai dubbi sulla sua vera qualità come scrittore. E devo dire che mi ha sorpreso, dato tutto il suo successo all'epoca, di non conoscerne nemmeno il nome, come se dopo la guerra fosse stato cancellato del tutto dalle antologie, cosa che non è successa per Hesse, Mann e un sacco di altri autori coevi. Qui forse entra in gioco anche lo snobismo dell'autore "serio" messo a confronto con quello che vende un sacco: quello che vende viene quasi sempre guardato con sospetto. In questo, povero Zweig!Pare che all'epoca nessuno vendesse come lui, ergo gli altri scrittori ne parlavano spesso male.
Mi chiedo poi come mai in questo libro non ci sia nessuna figura femminile, solo poche pennellate qua e la, quando sul fastidio di Rilke per le voci irritanti si spendono pagine su pagine. E si che ha avuto ben due mogli, insomma, qualcuna avrà significato qualcosa, no?
Non so se mi leggo altro di questo autore, probabilmente si, per farmi una idea migliore del suo lavoro, che da questa autobiografia parziale non può venire rappresentato.

Quattro stelle per Daniela:
Un bella testimonianza di un periodo importantissimo per la storia di tutta l'Europa, non solo per l'Austria in cui è nato e cresciuto Stefan Zweig. Meglio di un'autobiografia, visto che di sè parla solo come testimone mentre racconta soprattutto della vita sociale, intellettuale e politica prima della Prima Guerra Mondiale a tutto il periodo fino alla Seconda. Meglio di un libro scolastico, che propone solo date, meglio di un saggio incentrato sul periodo che forse servirebbe solo ad uno studioso storico. Con la leggerezza dell'autobiografia entriamo nella Storia.

L'incombenza di scegliere il libro per il prossimo incontro è ricaduta su Monica che ha proposto LA CARTELLA DEL PROFESSORE di Kawakami Hiromi.


Appuntamento MARTEDI' 13 OTTOBRE alle ore 20.30 a casa di Daniela per uno spensierato, allegro, arricchente e stimolante dopocena.

A presto e buona lettura a tutti
Francesca

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